Thursday, December 10, 2020
Lo scibile umano
Sempre più spesso assisto a una cosa che mi sconcerta ma non mi stupisce affatto.
Mai nella storia si era stati nella condizione di poter avere accesso all'intero scibile umano con la facilità e il costo irrisorio che internet permette.
Logica vorrebbe che questo fosse un bene per la nostra civiltà dato che l'accesso alla possibilità di verificare notizie, fatti e nozioni dovrebbe portare le discussioni al livello di confronto sui lati non esplorati di un argomento o su quelli più attinenti alle opinioni.
Invece no.
La finestra sul mondo viene utilizzata solo per trovare conferma delle proprie convinzioni nella certezza che esse siano esatte.
Quello che stiamo sperimentando, ed è la prima volta nella storia che possiamo farlo, è che l'umanità non trae giovamento diretto dall'accesso alla conoscenza ma, al contrario, viene incattivita e fomentata nell'odio del doversi scontrare con la dimostrazione dei propri errori.
L'odio e la rabbia che si vedono in alcuni thread sono frutto dell'incapacità ad accettare che una convinzione sia errata e che sia così facile scoprirlo.
Certo, non è facile per nessuno ammettere di essere in errore ed internet ci mette costantemente in un angolo togliendoci la possibilità di contare sull'ignoranza (intesa in senso di ignorare).
Crescere e migliorare significa correggere i propri errori ed accettarlo non come una sconfitta ma come una vittoria.
Una vittoria sull'ignoranza, una vittoria sull'errore, una vittoria per noi stessi.
Purtroppo constato che la società odierna non cerca una vittoria sull'ignoranza ma una sulle idee diverse dalle proprie, giuste o sbagliate che siano, e lo fa attraverso l'odio e l'ipocrisia.
Read original Tweet
Tuesday, December 8, 2020
R.I.P. Chuck Yeager
Sono cresciuto nel mito di Chuck Yeager un uomo che ha finalizzato non una ma molte delle imprese tecnologiche che hanno fatto fare un balzo alla nostra umanità.
Perché dopo scienza e ingegneria occorre che qualcuno verifichi che le cose funzionano mettendoci il culo.
Se questo 2020 porta via anche uno come lui sarà ora che lo si prenda definitivamente maledettamente sul serio.
P.S. lo so che aveva 97 anni, ma era l'ultimo degli immortali.
Read original Tweet
Monday, December 7, 2020
Di pancia
Quando una società, posta di fronte ad un accadimento, perde il pragmatismo e la capacità di fare ciò che è giusto, e non ciò che crede debba esserlo, ecco che si divide in due schieramenti.
Uno sostiene, di pancia, che il problema non esista e sia frutto di fobie o opportunismi.
L'altro sostiene, altrettanto di pancia, che l'accadimento sia la fonte di tutti i mali e propone soluzioni, appunto di pancia, di facile presa ma altrettanto facile fallimento.
Quello che succede poi è che finché il problema non tocca direttamente e praticamente la maggioranza delle persone vincano i primi.
Del resto negare e non fare nulla è facile e poco costoso.
Anche se deleterio perché non risolve e, spesso, la dilazione peggiora le cose.
Quando però il problema inizia a mordere vincono i secondi ed è in quel momento che si svela il bluff e ci si rende conto che le soluzioni di pancia non funzionano.
Alla fine ciò che resta è la certezza che nessuno dei due schieramenti abbia gli strumenti per affrontare l'accadimento.
Perché entrambi sono espressione di quello che è il vero ed unico problema: una società che ha preso la capacità di essere pragmatica.
Read original Tweet
Sunday, December 6, 2020
La bolla
Occorre accettare che il mondo sia fatto anche di persone che mai avremmo voluto conoscere e che, prima dei social network, probabilmente non avremmo mai conosciuto.
Ho 54 anni e sono cresciuto credendo che la gente fosse ben diversa da quello che è realmente semplicemente perché non c'era il modo di saperlo.
Tanti accusano i social network di aver reso la gente quello schifo che vediamo oggi ma la realtà è che non hanno cambiato nulla.
La gente è sempre stata così.
Solo che non lo sapevamo perché, essendo le frequentazioni essenzialmente legate a canali limitati (presenza fisica, telefono diretto), giocoforza selezionavamo i contatti.
Quella che oggi chiamiamo "la nostra bolla".
Ecco, magari è un po' esagerato ma... devo smettere di leggere certi thread e i commenti sotto gli articoli di giornale.
E anche gli articoli stessi, a dire il vero.
Read original Tweet
Wednesday, November 18, 2020
Scuole in presenza
Riflessioni senza pretese da padre di due figlie, una di 11 e l'altra di 14 anni.
Se consideriamo necessaria la didattica in presenza fino alla maturità vuol dire che stiamo parlando di studenti che hanno meno di 20 anni.
Il SARS-CoV-2 ha la maledetta caratteristica che a quell'età i contagiati sono in gran numero asintomatici ma comunque in grado di trasmettere ad altri il virus.
Come se non bastasse, il contagio si trasmette anche per aerosol, cosa che a marzo non era ancora così evidente, rendendo meno efficace il semplice distanziamento e più pericolosi gli spazi chiusi e affollati e poco areati.
Come le aule, soprattutto d'inverno.
Gli studenti divengono quindi il veicolo di infezione perfetto: a scuola si contagiano fra di loro senza che nessuno se ne accorga (uno studente viene testato solo se sviluppa sintomi e questo, abbiamo visto, succede raramente nella loro coorte di età) e poi lo portano a casa.
Qui, a perfetta insaputa di tutti, possono contagiare i familiari tra i quali ci sono persone di coorti di età più a rischio e che sono quelli che vediamo tra i positivi (o peggio).
Ma ci sono anche fratelli/sorelle, anch'essi studenti che, a loro volta, lo possono portare nella loro scuola e ricominaciare la catena.
Tutto questo sempre ad insaputa di tutti fino a quando un elemento della catena sviluppi sintomi.
Quindi?
Beh, sembra proprio che questo virus abbia deciso di prendersela con la scuola in presenza e dobbiamo farcene una ragione.
Ciò non significa che ci si debba arrendere all'evidenza ma bisogna essere realisti: non può essere un caso che in quasi tutti i paesi la seconda ondata sia seguita alla riapertura delle scuole.
Purtroppo l'unica cosa che si può fare, di fronte a queste caratteristiche del virus, per mantenere la scuola in presenza è il testing periodico, frequente e di tutti gli studenti che ridurrebbe ad un livello accettabile quel "all'insaputa di tutti" di cui parlavo più sopra.
Ovviamente dando per scontato che siano implementate tutte le altre misure di riduzione del contagio alle quali va aggiunta particolare attenzione alla ventilazione delle aule.
Un'ultima cosa: troppa gente è ancora ferma alle info di marzo e sottovaluta la trasmissione per aerosol tanto che molti che incontro sono ancora convinti che la mascherina (quella semplice) sia sufficiente a non prenderlo e se non la indossi basti stare un po' distanti.
Read original Tweet
Thursday, November 12, 2020
Il nemico esponenziale - strategia e tattica
E niente, troppi non colgono il fatto che non si può combattere un esponenziale con difese lineari.
Se anche avessimo il doppio delle terapie intensive e dei letti in ospedale senza rallentare la circolazione del virus saremmo nella stessa situazione solo un paio di settimane dopo.
Questo non significa che non fosse necessario potenziare la struttura e investire soprattutto in personale (medici e infermieri perché letti e posti si possono approntare molto più velocemente che formare un intensivista).
Ma non può essere un modo per affrontare la pandemia.
Innanzitutto perché non funziona, a meno di pensare di avere un numero di letti e terapie intensive elevatissimo.
E poi perché esiste un problemino: significa ragionare più o meno in termini di "lasciamo correre il virus tanto possiamo curare quelli che lo prendono"
Già.
Però tra quelli che lo prendono ci sono anche quelli che riusciamo a curare ma ne escono con danni permanenti.
E poi quelli che non riusciamo a curare e ne escono in una bara.
Oh, qualcuno dice che dovevano morire lo stesso.
Però lo fanno prima del previsto.
Tutto questo per dire che sicuramente abbiamo un problema di carenza di personale e strutture nel nostro SSN e che questo problema va affrontato e risolto
MA
aumentare il numero di terapie intensive e posti letto non va e non deve essere considerata una strategia.
Aumentare le capacità di assistere e curare è tattica.
Ridurre la circolazione del virus è strategia.
Con la tattica vinci le battaglie ma la guerra la vinci con la strategia.
Read original Tweet
Saturday, November 7, 2020
Inseguitori
Siamo un paese di inseguitori.
Agiamo solo quando è inevitabile perché non vogliamo assumerci la responsabilità del possibile errore di valutazione insito nella prevenzione.
Contro nemici che scalano esponenzialmente perderemo sempre.
Read original Tweet
Monday, November 2, 2020
Il nemico esponenziale
Se il nemico scala esponenzialmente ma le difese scalano solo linearmente occorre agire quando sembra inutile e con provvedimenti che sembrano sproporzionati.
La chiave è quel "sembrano".
L'attesa è giustificata la prima volta (forse), la seconda è incompetenza strategica.
Read original Tweet
Sunday, October 25, 2020
Il Re è nudo
Incomincio a rassegnarmi all'evidenza: la pandemia ha messo in luce la debolezza di una società che ha perso il pragmatismo che il contatto con la realtà richiede e non sa più affrontarla.
Non solo in Italia, perché gli altri paesi, chi più chi meno, non sono messi meglio.
Sembriamo tutti, dico tutti anche chi dovrebbe avere gli strumenti tecnico/culturali adeguati, non più in grado di concepire una situazione imprevista ed affrontarla come tale.
Come se la realtà dovesse essere sempre prevedibile, come se un imprevisto fosse per forza colpa di qualcuno o qualcosa e ci trovasse attoniti ad occhi sbarrati e bocca aperta: "Ma come è possibile?"
Sto seguendo i thread di coloro che dovrebbero essere la guida di questi momenti, coloro che dovrebbero trovare una sintesi, non necessariamente corretta ma pragmatica, una strada da percorrere scelta in base a ciò che sappiamo (poco) e ciò che è ragionevole.
Sapendo di poter sbagliare in perfetta buonafede perché quando affronti il nuovo sai che può succedere ma devi andare avanti perché a star fermi si subisce.
Ma viene lo sconforto.
Ognuno ha una sua linea, come deve essere, la esprime e la espone al giudizio degli altri ma, e qui sorge il problema, questa discussione non sfocia in nulla che sia di aiuto, che sia sintetizzabile, che sia opponibile alla strategia inadeguata dei DPCM omeopatici.
Il punto non è che in quei thread non ci sia cosa fare: c'è ed è tanto ed è spesso giusto.
Quello che manca è l'accordo, il consenso, che gli dia il peso necessario ad essere adottato e ad essere compreso anche da chi dovrà poi "subirlo".
Un accordo nel quale si parta da una base comune e condivisa (le premesse e i dati e che già sia frutto di un inevitabile compromesso tra chi legge 40% e chi 95%) per giungere ad un insieme di proposte unitarie, nelle quali ognuno accetti di cedere qualcosa in nome del tutto.
Invece la conclusione di questi thread è quasi sempre che ognuno resta della sua idea, si abbandona la discussione e chi ha seguito non sa se quello che ha letto fosse giusto o sbagliato e, soprattutto, di quanto.
Non c'è giusto o sbagliato, c'è migliore o peggiore.
Il risultato, riflesso poi anche dai media, è uno solo: "caos".
E dal caos nasce solo una cosa: l'attesa "per capire meglio".
E dall'attesa, quando tutto sarà finito, il "si doveva fare così, era evidente, colpa di..."
Sono considerazioni molto amare ma oramai penso che la realtà seguirà il suo corso e la nostra società affronterà, come regolarmente successo nella sua storia, un momento di "reset" violento e costoso da cui ripartire.
Speriamo meglio.
Read original Tweet
Friday, October 23, 2020
La toppa
Il SARS-CoV-2 e relativa Covid-19 stanno facendo emergere tutta una serie di limiti, incapacità ed inefficienze delle quali siamo a conoscenza ma alle quali siamo usi mettere la classica "toppa italica".
Ma un telo rattoppato non è equivalente ad un telo integro.
Se piove forte non ti ripara più.
E oggi sta piovendo fortissimo.
E ci siamo inzuppati.
Ci sono decine di esempi nei quali è stata necessaria la "toppa" ma quello che più scandalizza è l'incapacità assoluta del nostro apparato burocratico di scrivere una norma.
In un momento come questo, che presenta già di suo incertezze legate alla sua natura, a ciò che ci è ignoto e ai contrasti su ciò che è noto, ogni spazio lasciato all'ambiguità nel definire le regole mina la loro credibilità e, con essa, il fatto che vengano rispettate.
Non è il momento per norme che richiedano una circolare successiva o delle FAQ per capire come debbano essere interpretate per poterle applicare.
Già è difficile capire cosa sia giusto fare e come, non rendiamo difficile anche il capire come metterlo in atto.
Read original Tweet
Monday, July 27, 2020
Il vero problema
La sfida del Covid ha evidenziato meglio di ogni altra il vero problema del nostro Paese: una popolazione inadeguata ai tempi a causa della mancanza di educazione (famiglia), istruzione (scuola) e informazione (stampa/media).
I politici e i rappresentanti che abbiamo non sono altro che l'espressione di ciò ed è illusorio pensare che il Paese sarebbe migliore se ne avessimo di migliori.
I politici e i rappresentanti che abbiamo non sono altro che l'espressione di ciò ed è illusorio pensare che il Paese sarebbe migliore se ne avessimo di migliori.
Tuesday, April 21, 2020
Covid-19 - Rischio e responsabilità individuale
In questo momento in cui si parla di riaperture, fase 2 e ritorno alla normalità sento spesso parlare delle misure di sicurezza da adottare accompagnate da aggettivi come "adeguate", "efficaci", "in grado di garantire la sicurezza".
Tutto giusto ma non viene sottolineata con forza una cosa fondamentale: qualsiasi misura venga presa non garantirà mai che non si prenda comunque il virus, semplicemente perché questo tipo di certezza non è del nostro mondo.
Come ho scritto nel post precedente, il ritorno alla normalità non sarà un ritorno a quello che avevamo prima ma ad una "normalità" diversa in cui, che ci piaccia o meno, dovremo convivere con un rischio maggiore che potrà essere contenuto ma non azzerato.
Questo lo dico perché il più grosso cambiamento mentale che il futuro ci richiederà sarà accettare che le cose possano andare male anche se avremo fatto tutto il possibile e il dovuto affinché non succeda.
E credetemi, non siamo stati abituati a concepire una cosa simile.
Faccio un esempio: per riprendere una qualsiasi attività occorre che il luogo di lavoro sia "messo in sicurezza" attraverso una serie di accorgimenti di legge. La nostra mentalità ci porta automaticamente a pensare che, se le norme sono rispettate, il virus non lo si possa e debba prendere sul posto di lavoro. Allora perché alcune attività possono riprendere e altre no? Se le misure sono efficaci che si produca una cosa essenziale o meno non dovrebbe fare differenza.
Invece no.
Perché, pur con tutte le misure in atto, il rischio non è azzerato ed è ancora maggiore di quanto siamo stati abituati a considerare accettabile ed ignorabile.
Questo è il cambiamento di mentalità di cui accennavo nel post precedente: occorre prendere atto del fatto che l'asticella del rischio accettabile deve alzarsi.
Ma, soprattutto, dobbiamo tornare ad accettare che la responsabilità delle nostre scelte, del rischio che decidiamo di accettare e del fatto che possano essere sbagliate sia nostra.
Guardate al nostro recente passato con questa nuova ottica e vi renderete conto che calare questo concetto di responsabilità individuale nella nostra generazione non sarà affatto facile e genererà repulsione, astio, ricerca comunque del colpevole o del capro espiatorio.
Purtroppo per noi, però, la realtà fa ciò che vuole lei e non ciò che noi vorremmo essa facesse. Ci ha sopportato per un po' sperando che ci arrivassimo con le buone ma ora si è stufata e ha deciso di farcelo capire con le cattive.
Sta a noi cambiare. Ed evolvere adattandosi alle nuove condizioni o liberare il campo.
P.S. non equivocate: quello che ho scritto non significa accettare passivamente ciò che viene così come viene. La parola chiave è "adattamento" che si attua sia in forma passiva e pragmatica, cioè accettare ciò che non possiamo governare e le sue conseguenze, sia in forma attiva che si implementa con ricerca, tecnologia, sviluppo, ridisegno di abitudini e mentalià, costrutti sociali e morali.
In fin dei conti non è niente di nuovo, è quello che l'umanità ha fatto da sempre. Solo sarebbe ora di saperlo fare senza essere spinti da un disastro globale. Ma forse non siamo progettati per questo.
Tutto giusto ma non viene sottolineata con forza una cosa fondamentale: qualsiasi misura venga presa non garantirà mai che non si prenda comunque il virus, semplicemente perché questo tipo di certezza non è del nostro mondo.
Come ho scritto nel post precedente, il ritorno alla normalità non sarà un ritorno a quello che avevamo prima ma ad una "normalità" diversa in cui, che ci piaccia o meno, dovremo convivere con un rischio maggiore che potrà essere contenuto ma non azzerato.
Questo lo dico perché il più grosso cambiamento mentale che il futuro ci richiederà sarà accettare che le cose possano andare male anche se avremo fatto tutto il possibile e il dovuto affinché non succeda.
E credetemi, non siamo stati abituati a concepire una cosa simile.
Faccio un esempio: per riprendere una qualsiasi attività occorre che il luogo di lavoro sia "messo in sicurezza" attraverso una serie di accorgimenti di legge. La nostra mentalità ci porta automaticamente a pensare che, se le norme sono rispettate, il virus non lo si possa e debba prendere sul posto di lavoro. Allora perché alcune attività possono riprendere e altre no? Se le misure sono efficaci che si produca una cosa essenziale o meno non dovrebbe fare differenza.
Invece no.
Perché, pur con tutte le misure in atto, il rischio non è azzerato ed è ancora maggiore di quanto siamo stati abituati a considerare accettabile ed ignorabile.
Questo è il cambiamento di mentalità di cui accennavo nel post precedente: occorre prendere atto del fatto che l'asticella del rischio accettabile deve alzarsi.
Ma, soprattutto, dobbiamo tornare ad accettare che la responsabilità delle nostre scelte, del rischio che decidiamo di accettare e del fatto che possano essere sbagliate sia nostra.
Guardate al nostro recente passato con questa nuova ottica e vi renderete conto che calare questo concetto di responsabilità individuale nella nostra generazione non sarà affatto facile e genererà repulsione, astio, ricerca comunque del colpevole o del capro espiatorio.
Purtroppo per noi, però, la realtà fa ciò che vuole lei e non ciò che noi vorremmo essa facesse. Ci ha sopportato per un po' sperando che ci arrivassimo con le buone ma ora si è stufata e ha deciso di farcelo capire con le cattive.
Sta a noi cambiare. Ed evolvere adattandosi alle nuove condizioni o liberare il campo.
P.S. non equivocate: quello che ho scritto non significa accettare passivamente ciò che viene così come viene. La parola chiave è "adattamento" che si attua sia in forma passiva e pragmatica, cioè accettare ciò che non possiamo governare e le sue conseguenze, sia in forma attiva che si implementa con ricerca, tecnologia, sviluppo, ridisegno di abitudini e mentalià, costrutti sociali e morali.
In fin dei conti non è niente di nuovo, è quello che l'umanità ha fatto da sempre. Solo sarebbe ora di saperlo fare senza essere spinti da un disastro globale. Ma forse non siamo progettati per questo.
Saturday, April 18, 2020
Covid-19 - Una nuova normalità
Vivere sarà più rischioso, facciamocene una ragione e impariamo a convivere con questa nuova realtà.
Non illudiamoci che finisca presto o che per magia tutto torni come prima perché non c'era un "prima", c'era solo il caso di aver vissuto un lungo periodo in cui tutto è andato bene.
Questo virus poteva apparire 1 anno fa, 10 anni fa, 50 anni fa. Era una spada di damocle che era sulla nostra testa da sempre e sempre lo sarà, perché come tutte le specie siamo vulnerabili all'evoluzione delle cose.
Gli ultimi 100 anni ci hanno dato la falsa illusione che esistesse una sorta di "normalità", di "stabilità", di "equilibrio" al quale corrispondesse il mondo come piaceva a noi e come ci andava bene.
Ma, appunto, era una falsa illusione.
Il nostro pianeta e ciò che ci sta sopra, vivente o meno che sia, è in perenne evoluzione e cambiamento come giusto che sia altrimenti l'universo non sarebbe quello che è.
E' arrivato il momento di prendere atto con pragmatismo, coraggio e quella forza e capacità che ci hanno permesso di arrivare a quello che abbiamo oggi che si è chiuso un ciclo e se ne deve riaprire un altro.
Cose che davamo per scontate al punto da credere di non dovercene più preoccupare sono scomparse da un giorno all'altro e dovranno essere ricostruite in un contesto diverso con una forma diversa.
Non sarà facile soprattutto perché, nel transitorio in cui le ricostruiremo, ci mancheranno e forte sarà l'impulso a cercare un colpevole, un capro espiatorio, qualcosa contro cui puntare il dito e potersi così alleggerire dal peso di dover convivere con qualcosa a cui non siamo stati abituati: shit happens.
Andare al lavoro sarà più rischioso, prendere un aperitivo con gli amici sarà più rischioso, andare a teatro o al cinema sarà più rischioso, fare turismo sarà più rischioso e lo saranno indipendentemente dagli accorgimenti che sapremo prendere perché questo tipo di rischio non è azzerabile.
Dobbiamo imparare una cosa nuova, per le nostre generazioni: convivere con un rischio non banale ma reale, bilanciando in ogni momento i pro e i contro e avendo il pragmatismo necessario a comprendere fino in fondo che non esiste il pasto gratis, non esistono accorgimenti e comportamenti che azzerano il rischio o lo rendono accettabile nei termini che usavamo fino a gennaio.
Tutto qui.
Se lo sapremo fare ne uscirà una umanità migliore, se non lo sapremo fare ne uscirà una umanità che ripartirà da molto più indietro nel tempo.
Quanto indietro dipenderà solo da noi.
Non illudiamoci che finisca presto o che per magia tutto torni come prima perché non c'era un "prima", c'era solo il caso di aver vissuto un lungo periodo in cui tutto è andato bene.
Questo virus poteva apparire 1 anno fa, 10 anni fa, 50 anni fa. Era una spada di damocle che era sulla nostra testa da sempre e sempre lo sarà, perché come tutte le specie siamo vulnerabili all'evoluzione delle cose.
Gli ultimi 100 anni ci hanno dato la falsa illusione che esistesse una sorta di "normalità", di "stabilità", di "equilibrio" al quale corrispondesse il mondo come piaceva a noi e come ci andava bene.
Ma, appunto, era una falsa illusione.
Il nostro pianeta e ciò che ci sta sopra, vivente o meno che sia, è in perenne evoluzione e cambiamento come giusto che sia altrimenti l'universo non sarebbe quello che è.
E' arrivato il momento di prendere atto con pragmatismo, coraggio e quella forza e capacità che ci hanno permesso di arrivare a quello che abbiamo oggi che si è chiuso un ciclo e se ne deve riaprire un altro.
Cose che davamo per scontate al punto da credere di non dovercene più preoccupare sono scomparse da un giorno all'altro e dovranno essere ricostruite in un contesto diverso con una forma diversa.
Non sarà facile soprattutto perché, nel transitorio in cui le ricostruiremo, ci mancheranno e forte sarà l'impulso a cercare un colpevole, un capro espiatorio, qualcosa contro cui puntare il dito e potersi così alleggerire dal peso di dover convivere con qualcosa a cui non siamo stati abituati: shit happens.
Andare al lavoro sarà più rischioso, prendere un aperitivo con gli amici sarà più rischioso, andare a teatro o al cinema sarà più rischioso, fare turismo sarà più rischioso e lo saranno indipendentemente dagli accorgimenti che sapremo prendere perché questo tipo di rischio non è azzerabile.
Dobbiamo imparare una cosa nuova, per le nostre generazioni: convivere con un rischio non banale ma reale, bilanciando in ogni momento i pro e i contro e avendo il pragmatismo necessario a comprendere fino in fondo che non esiste il pasto gratis, non esistono accorgimenti e comportamenti che azzerano il rischio o lo rendono accettabile nei termini che usavamo fino a gennaio.
Tutto qui.
Se lo sapremo fare ne uscirà una umanità migliore, se non lo sapremo fare ne uscirà una umanità che ripartirà da molto più indietro nel tempo.
Quanto indietro dipenderà solo da noi.
Subscribe to:
Posts (Atom)