tag:blogger.com,1999:blog-22857453108094254602024-02-19T15:29:03.355+01:00Late ThinkLateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.comBlogger139125tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-36812941084032382042021-11-16T09:42:00.000+01:002023-01-20T14:24:24.964+01:00Lo scemo del villaggioUna volta, molto tempo fa (e occorre essere più che vintage per averlo vissuto, direi d'epoca) in ogni paese c'era un bar.</br>
</br>
Era il "<i>bar del paese</i>" e vi soggiornava quasi sempre "<i>lo scemo del villaggio</i>".</br>
</br>
Costui era protagonista di ragionamenti come dire... un po' <i>originali</i>, accompagnati spesso da comportamenti ed atteggiamenti adeguati alla bisogna.</br>
</br>
Nella comunità, spesso, aveva anche un soprannome di solito usato anche per apostrofare quelli che facessero ragionamenti simili.</br>
</br>
Pur essendo le sue <i>alternative</i> tesi capaci di presa nella gente comune, non veniva considerato un pericolo poiché ciò che sosteneva aveva un uditorio limitato e, soprattutto, tutti sapevano chi era.</br>
</br>
Era lo "<i>scemo del villaggio</i>" e quello che diceva, al massimo, suscitava una alzata di spalle.</br>
</br>
Anche se, magari, sembrava corretto.</br>
</br>
Sembrava eh...</br>
</br>
Assomiglia a qualcosa questa storia?</br>
</br>
Beh, si ma con una profonda differenza: oggi "<i>lo scemo del villaggio</i>" può rivolgersi ad una platea che supera i confini del bar e del villaggio e raggiungere chi non sa che lui è, appunto, "<i>lo scemo del villaggio</i>".</br>
</br>
E cosa succede?</br>
</br>
Che ciò che dice può essere preso per vero, soprattutto se ha o si presenta con un qualche titolo, vero o fasullo che sia.</br>
</br>
Ed è allora che diviene un pericolo.</br>
</br>
Quello che è successo è che gli "<i>scemi del villaggio</i>" hanno trovato il modo di farsi ascoltare da chi non li conosce.</br>
</br>
Ma non solo, hanno anche avuto modo di sostenersi l'un l'altro dandosi credibilità.</br>
<blockquote><i>"Ehi, non lo dice solo lui. Anche XXX sostiene le stesse cose"</i></blockquote>
Come sempre gli strumenti sono amplificatori di forza: più sono potenti, più forte è ciò che ottieni.</br>
Il punto è sempre da dove parti.</br>
</br>
In questo caso da una cosa che esiste dalla notte dei tempi: "<i>lo scemo del villaggio</i>"</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1460709859624640515?s=20">Read original Tweet</a></br>LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-66574883197910813962021-04-28T18:20:00.000+02:002021-04-28T18:20:01.888+02:00La secchiona<blockquote><i>Ho finito gli esercizi di matematica</i></blockquote>
Brava
<blockquote><i>Adesso stacco un po' la mente</i></blockquote>
E che fai?
<blockquote><i>Quelli di fisica</i></blockquote>
Ed è staccare la mente?
<blockquote><i>Certo, è un'altra materia e devi pensare diversamente</i></blockquote>
<br>
La mia secchiona...</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1387438635016986636?s=20">Read original Tweet</a></br>LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-12680086451691344732020-12-10T22:58:00.001+01:002021-04-01T18:17:21.392+02:00Lo scibile umanoSempre più spesso assisto a una cosa che mi sconcerta ma non mi stupisce affatto.</br>
</br>
Mai nella storia si era stati nella condizione di poter avere accesso all'intero scibile umano con la facilità e il costo irrisorio che internet permette.</br>
</br>
Logica vorrebbe che questo fosse un bene per la nostra civiltà dato che l'accesso alla possibilità di verificare notizie, fatti e nozioni dovrebbe portare le discussioni al livello di confronto sui lati non esplorati di un argomento o su quelli più attinenti alle opinioni.</br>
</br>
Invece no.</br>
</br>
La finestra sul mondo viene utilizzata solo per trovare conferma delle proprie convinzioni nella certezza che esse siano esatte.</br>
</br>
Quello che stiamo sperimentando, ed è la prima volta nella storia che possiamo farlo, è che l'umanità non trae giovamento diretto dall'accesso alla conoscenza ma, al contrario, viene incattivita e fomentata nell'odio del doversi scontrare con la dimostrazione dei propri errori.</br>
</br>
L'odio e la rabbia che si vedono in alcuni thread sono frutto dell'incapacità ad accettare che una convinzione sia errata e che sia così facile scoprirlo.</br>
</br>
Certo, non è facile per nessuno ammettere di essere in errore ed internet ci mette costantemente in un angolo togliendoci la possibilità di contare sull'ignoranza (intesa in senso di ignorare).</br>
</br>
Crescere e migliorare significa correggere i propri errori ed accettarlo non come una sconfitta ma come una vittoria.</br>
</br>
Una vittoria sull'ignoranza, una vittoria sull'errore, una vittoria per noi stessi.</br>
</br>
Purtroppo constato che la società odierna non cerca una vittoria sull'ignoranza ma una sulle idee diverse dalle proprie, giuste o sbagliate che siano, e lo fa attraverso l'odio e l'ipocrisia.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1337154873041833985?s=20">Read original Tweet</a></br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-57370390499881686992020-12-08T09:14:00.002+01:002021-04-01T18:09:56.959+02:00R.I.P. Chuck YeagerSono cresciuto nel mito di Chuck Yeager un uomo che ha finalizzato non una ma molte delle imprese tecnologiche che hanno fatto fare un balzo alla nostra umanità.</br>
</br>
Perché dopo scienza e ingegneria occorre che qualcuno verifichi che le cose funzionano mettendoci il culo.</br>
</br>
Se questo 2020 porta via anche uno come lui sarà ora che lo si prenda definitivamente maledettamente sul serio.</br>
</br>
P.S. lo so che aveva 97 anni, ma era l'ultimo degli immortali.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1336222621948579840?s=20">Read original Tweet</a></br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-66134504294540234672020-12-07T21:58:00.001+01:002021-03-26T22:23:50.371+01:00Di panciaQuando una società, posta di fronte ad un accadimento, perde il pragmatismo e la capacità di fare ciò che è giusto, e non ciò che crede debba esserlo, ecco che si divide in due schieramenti.</br>
</br>
Uno sostiene, di pancia, che il problema non esista e sia frutto di fobie o opportunismi.</br>
</br>
L'altro sostiene, altrettanto di pancia, che l'accadimento sia la fonte di tutti i mali e propone soluzioni, appunto di pancia, di facile presa ma altrettanto facile fallimento.</br>
</br>
Quello che succede poi è che finché il problema non tocca direttamente e praticamente la maggioranza delle persone vincano i primi.</br>
Del resto negare e non fare nulla è facile e poco costoso.</br>
Anche se deleterio perché non risolve e, spesso, la dilazione peggiora le cose.</br>
</br>
Quando però il problema inizia a mordere vincono i secondi ed è in quel momento che si svela il bluff e ci si rende conto che le soluzioni di pancia non funzionano.</br>
</br>
Alla fine ciò che resta è la certezza che nessuno dei due schieramenti abbia gli strumenti per affrontare l'accadimento.</br>
</br>
Perché entrambi sono espressione di quello che è il vero ed unico problema: una società che ha preso la capacità di essere pragmatica.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1336052517436870659?s=20">Read original Tweet</a></br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-75889648971403391092020-12-06T23:02:00.001+01:002021-03-26T22:16:53.065+01:00La bollaOccorre accettare che il mondo sia fatto anche di persone che mai avremmo voluto conoscere e che, prima dei social network, probabilmente non avremmo mai conosciuto.</br>
</br>
Ho 54 anni e sono cresciuto credendo che la gente fosse ben diversa da quello che è realmente semplicemente perché non c'era il modo di saperlo.</br>
Tanti accusano i social network di aver reso la gente quello schifo che vediamo oggi ma la realtà è che non hanno cambiato nulla.</br>
</br>
La gente è sempre stata così.</br>
</br>
Solo che non lo sapevamo perché, essendo le frequentazioni essenzialmente legate a canali limitati (presenza fisica, telefono diretto), giocoforza selezionavamo i contatti.</br>
</br>
Quella che oggi chiamiamo "<b><i>la nostra bolla</i></b>".</br>
</br>
Ecco, magari è un po' esagerato ma... devo smettere di leggere certi thread e i commenti sotto gli articoli di giornale.</br>
</br>
E anche gli articoli stessi, a dire il vero.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1335706269970292747?s=20">Read original Tweet</a></br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-31764317560316021552020-11-18T11:42:00.002+01:002021-03-26T22:10:09.197+01:00Scuole in presenzaRiflessioni senza pretese da padre di due figlie, una di 11 e l'altra di 14 anni.</br>
</br>
Se consideriamo necessaria la didattica in presenza fino alla maturità vuol dire che stiamo parlando di studenti che hanno meno di 20 anni.</br>
</br>
Il SARS-CoV-2 ha la maledetta caratteristica che a quell'età i contagiati sono in gran numero asintomatici ma comunque in grado di trasmettere ad altri il virus.</br>
</br>
Come se non bastasse, il contagio si trasmette anche per aerosol, cosa che a marzo non era ancora così evidente, rendendo meno efficace il semplice distanziamento e più pericolosi gli spazi chiusi e affollati e poco areati.</br>
</br>
Come le aule, soprattutto d'inverno.</br>
</br>
Gli studenti divengono quindi il veicolo di infezione perfetto: a scuola si contagiano fra di loro senza che nessuno se ne accorga (uno studente viene testato solo se sviluppa sintomi e questo, abbiamo visto, succede raramente nella loro coorte di età) e poi lo portano a casa.</br>
</br>
Qui, a perfetta insaputa di tutti, possono contagiare i familiari tra i quali ci sono persone di coorti di età più a rischio e che sono quelli che vediamo tra i positivi (o peggio).</br>
</br>
Ma ci sono anche fratelli/sorelle, anch'essi studenti che, a loro volta, lo possono portare nella loro scuola e ricominaciare la catena.</br>
</br>
Tutto questo sempre ad insaputa di tutti fino a quando un elemento della catena sviluppi sintomi.</br>
</br>
Quindi?</br>
</br>
Beh, sembra proprio che questo virus abbia deciso di prendersela con la scuola in presenza e dobbiamo farcene una ragione.</br>
</br>
Ciò non significa che ci si debba arrendere all'evidenza ma bisogna essere realisti: non può essere un caso che in quasi tutti i paesi la seconda ondata sia seguita alla riapertura delle scuole.</br>
</br>
Purtroppo l'unica cosa che si può fare, di fronte a queste caratteristiche del virus, per mantenere la scuola in presenza è il testing periodico, frequente e di tutti gli studenti che ridurrebbe ad un livello accettabile quel "all'insaputa di tutti" di cui parlavo più sopra.</br>
</br>
Ovviamente dando per scontato che siano implementate tutte le altre misure di riduzione del contagio alle quali va aggiunta particolare attenzione alla ventilazione delle aule.</br>
</br>
Un'ultima cosa: troppa gente è ancora ferma alle info di marzo e sottovaluta la trasmissione per aerosol tanto che molti che incontro sono ancora convinti che la mascherina (quella semplice) sia sufficiente a non prenderlo e se non la indossi basti stare un po' distanti.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1329012024823713797?s=20">Read original Tweet</a></br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-69464241677922288222020-11-12T17:32:00.001+01:002021-03-26T22:00:37.236+01:00Il nemico esponenziale - strategia e tatticaE niente, troppi non colgono il fatto che non si può combattere un esponenziale con difese lineari.</br>
</br>
Se anche avessimo il doppio delle terapie intensive e dei letti in ospedale senza rallentare la circolazione del virus saremmo nella stessa situazione solo un paio di settimane dopo.</br>
</br>
Questo non significa che non fosse necessario potenziare la struttura e investire soprattutto in personale (medici e infermieri perché letti e posti si possono approntare molto più velocemente che formare un intensivista).</br>
</br>
Ma non può essere un modo per affrontare la pandemia.</br>
</br>
Innanzitutto perché non funziona, a meno di pensare di avere un numero di letti e terapie intensive elevatissimo.</br>
E poi perché esiste un problemino: significa ragionare più o meno in termini di "lasciamo correre il virus tanto possiamo curare quelli che lo prendono"</br>
</br>
Già.</br>
</br>
Però tra quelli che lo prendono ci sono anche quelli che riusciamo a curare ma ne escono con danni permanenti.</br>
</br>
E poi quelli che non riusciamo a curare e ne escono in una bara.</br>
</br>
Oh, qualcuno dice che dovevano morire lo stesso.</br>
</br>
Però lo fanno prima del previsto.</br>
</br>
Tutto questo per dire che sicuramente abbiamo un problema di carenza di personale e strutture nel nostro SSN e che questo problema va affrontato e risolto
<i><b>MA</b></i>
aumentare il numero di terapie intensive e posti letto non va e non deve essere considerata una strategia.</br>
</br>
Aumentare le capacità di assistere e curare è <i><b>tattica</b></i>.</br>
Ridurre la circolazione del virus è <i><b>strategia</b></i>.</br>
</br>
Con la tattica vinci le battaglie ma la guerra la vinci con la strategia.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1326925754765090816?s=20">Read original Tweet</a></br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-91395529728193670652020-11-07T13:36:00.001+01:002021-03-26T21:47:41.109+01:00InseguitoriSiamo un paese di inseguitori.</br>
</br>
Agiamo solo quando è inevitabile perché non vogliamo assumerci la responsabilità del possibile errore di valutazione insito nella prevenzione.</br>
</br>
Contro nemici che scalano esponenzialmente perderemo sempre.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1325054498142875648?s=20">Read original Tweet</a></br>LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-49127514892243287872020-11-02T09:17:00.001+01:002021-03-26T21:41:24.717+01:00Il nemico esponenzialeSe il nemico scala esponenzialmente ma le difese scalano solo linearmente occorre agire quando sembra inutile e con provvedimenti che sembrano sproporzionati.</br>
</br>
La chiave è quel "<b><i>sembrano</i></b>".</br>
</br>
L'attesa è giustificata la prima volta (forse), la seconda è incompetenza strategica.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1323177488332279810?s=20">Read original Tweet</a></br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-47995261324823757732020-10-25T10:48:00.001+01:002021-03-26T21:33:09.079+01:00Il Re è nudoIncomincio a rassegnarmi all'evidenza: la pandemia ha messo in luce la debolezza di una società che ha perso il pragmatismo che il contatto con la realtà richiede e non sa più affrontarla.</br>
</br>
Non solo in Italia, perché gli altri paesi, chi più chi meno, non sono messi meglio.</br>
</br>
Sembriamo tutti, dico tutti anche chi dovrebbe avere gli strumenti tecnico/culturali adeguati, non più in grado di concepire una situazione imprevista ed affrontarla come tale.</br>
</br>
Come se la realtà dovesse essere sempre prevedibile, come se un imprevisto fosse per forza colpa di qualcuno o qualcosa e ci trovasse attoniti ad occhi sbarrati e bocca aperta: "Ma come è possibile?"</br>
</br>
Sto seguendo i thread di coloro che dovrebbero essere la guida di questi momenti, coloro che dovrebbero trovare una sintesi, non necessariamente corretta ma pragmatica, una strada da percorrere scelta in base a ciò che sappiamo (poco) e ciò che è ragionevole.</br>
</br>
Sapendo di poter sbagliare in perfetta buonafede perché quando affronti il nuovo sai che può succedere ma devi andare avanti perché a star fermi si subisce.</br>
</br>
Ma viene lo sconforto.</br>
</br>
Ognuno ha una sua linea, come deve essere, la esprime e la espone al giudizio degli altri ma, e qui sorge il problema, questa discussione non sfocia in nulla che sia di aiuto, che sia sintetizzabile, che sia opponibile alla strategia inadeguata dei DPCM omeopatici.</br>
</br>
Il punto non è che in quei thread non ci sia cosa fare: c'è ed è tanto ed è spesso giusto.</br>
</br>
Quello che manca è l'accordo, il consenso, che gli dia il peso necessario ad essere adottato e ad essere compreso anche da chi dovrà poi "subirlo".</br>
</br>
Un accordo nel quale si parta da una base comune e condivisa (le premesse e i dati e che già sia frutto di un inevitabile compromesso tra chi legge 40% e chi 95%) per giungere ad un insieme di proposte unitarie, nelle quali ognuno accetti di cedere qualcosa in nome del tutto.</br>
</br>
Invece la conclusione di questi thread è quasi sempre che ognuno resta della sua idea, si abbandona la discussione e chi ha seguito non sa se quello che ha letto fosse giusto o sbagliato e, soprattutto, di quanto.</br>
</br>
Non c'è giusto o sbagliato, c'è migliore o peggiore.</br>
</br>
Il risultato, riflesso poi anche dai media, è uno solo: "caos".</br>
</br>
E dal caos nasce solo una cosa: l'attesa "per capire meglio".</br>
</br>
E dall'attesa, quando tutto sarà finito, il "si doveva fare così, era evidente, colpa di..."</br>
</br>
Sono considerazioni molto amare ma oramai penso che la realtà seguirà il suo corso e la nostra società affronterà, come regolarmente successo nella sua storia, un momento di "reset" violento e costoso da cui ripartire.</br>
</br>
Speriamo meglio.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1320301215486513152?s=20">Read original Tweet</a></br>LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-49978048081524326732020-10-23T09:13:00.001+02:002021-03-26T21:25:00.681+01:00La toppaIl SARS-CoV-2 e relativa Covid-19 stanno facendo emergere tutta una serie di limiti, incapacità ed inefficienze delle quali siamo a conoscenza ma alle quali siamo usi mettere la classica "toppa italica".</br>
</br>
Ma un telo rattoppato non è equivalente ad un telo integro.</br>
Se piove forte non ti ripara più.</br>
E oggi sta piovendo fortissimo.</br>
E ci siamo inzuppati.</br>
</br>
Ci sono decine di esempi nei quali è stata necessaria la "toppa" ma quello che più scandalizza è l'incapacità assoluta del nostro apparato burocratico di scrivere una norma.</br>
</br>
In un momento come questo, che presenta già di suo incertezze legate alla sua natura, a ciò che ci è ignoto e ai contrasti su ciò che è noto, ogni spazio lasciato all'ambiguità nel definire le regole mina la loro credibilità e, con essa, il fatto che vengano rispettate.</br>
</br>
Non è il momento per norme che richiedano una circolare successiva o delle FAQ per capire come debbano essere interpretate per poterle applicare.</br>
</br>
Già è difficile capire cosa sia giusto fare e come, non rendiamo difficile anche il capire come metterlo in atto.</br>
</br>
<a href="https://twitter.com/robertobolis/status/1319537322271047680?s=20">Read original Tweet</a></br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-58112582722348386702020-07-27T15:19:00.000+02:002020-07-27T15:19:12.650+02:00Il vero problemaLa sfida del Covid ha evidenziato meglio di ogni altra il vero problema del nostro Paese: una popolazione inadeguata ai tempi a causa della mancanza di educazione (famiglia), istruzione (scuola) e informazione (stampa/media).<br />
<br />
I politici e i rappresentanti che abbiamo non sono altro che l'espressione di ciò ed è illusorio pensare che il Paese sarebbe migliore se ne avessimo di migliori.<br />
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-34167558291797846542020-04-21T09:23:00.000+02:002020-04-21T09:38:18.716+02:00Covid-19 - Rischio e responsabilità individualeIn questo momento in cui si parla di riaperture, fase 2 e ritorno alla normalità sento spesso parlare delle misure di sicurezza da adottare accompagnate da aggettivi come "<i>adeguate</i>", "<i>efficaci</i>", "<i>in grado di garantire la sicurezza</i>".<br />
<br />
Tutto giusto ma non viene sottolineata con forza una cosa fondamentale: qualsiasi misura venga presa non garantirà mai che non si prenda comunque il virus, semplicemente perché questo tipo di certezza non è del nostro mondo.<br />
<br />
Come ho scritto <a href="http://latethink.blogspot.com/2020/04/covid-19.html">nel post precedente</a>, il ritorno alla normalità non sarà un ritorno a quello che avevamo prima ma ad una "normalità" diversa in cui, che ci piaccia o meno, dovremo convivere con un rischio maggiore che potrà essere contenuto ma non azzerato.<br />
<br />
Questo lo dico perché il più grosso cambiamento mentale che il futuro ci richiederà sarà accettare che le cose possano andare male anche se avremo fatto tutto il possibile e il dovuto affinché non succeda.<br />
<br />
E credetemi, non siamo stati abituati a concepire una cosa simile.<br />
<br />
Faccio un esempio: per riprendere una qualsiasi attività occorre che il luogo di lavoro sia "messo in sicurezza" attraverso una serie di accorgimenti di legge. La nostra mentalità ci porta automaticamente a pensare che, se le norme sono rispettate, il virus non lo si possa e debba prendere sul posto di lavoro. Allora perché alcune attività possono riprendere e altre no? Se le misure sono efficaci che si produca una cosa essenziale o meno non dovrebbe fare differenza.<br />
<br />
Invece no.<br />
<br />
Perché, pur con tutte le misure in atto, il rischio non è azzerato ed è ancora maggiore di quanto siamo stati abituati a considerare accettabile ed ignorabile.<br />
<br />
Questo è il cambiamento di mentalità di cui accennavo nel post precedente: occorre prendere atto del fatto che l'asticella del rischio accettabile deve alzarsi.<br />
<br />
Ma, soprattutto, dobbiamo tornare ad accettare che la responsabilità delle nostre scelte, del rischio che decidiamo di accettare e del fatto che possano essere sbagliate sia nostra.<br />
<br />
Guardate al nostro recente passato con questa nuova ottica e vi renderete conto che calare questo concetto di responsabilità individuale nella nostra generazione non sarà affatto facile e genererà repulsione, astio, ricerca comunque del colpevole o del capro espiatorio.<br />
<br />
Purtroppo per noi, però, la realtà fa ciò che vuole lei e non ciò che noi vorremmo essa facesse. Ci ha sopportato per un po' sperando che ci arrivassimo con le buone ma ora si è stufata e ha deciso di farcelo capire con le cattive.<br />
<br />
Sta a noi cambiare. Ed evolvere adattandosi alle nuove condizioni o liberare il campo.<br />
<br />
<br />
<i>
<b>P.S. non equivocate</b>: quello che ho scritto non significa accettare passivamente ciò che viene così come viene. La parola chiave è "adattamento" che si attua sia in forma passiva e pragmatica, cioè accettare ciò che non possiamo governare e le sue conseguenze, sia in forma attiva che si implementa con ricerca, tecnologia, sviluppo, ridisegno di abitudini e mentalià, costrutti sociali e morali.<br />
In fin dei conti non è niente di nuovo, è quello che l'umanità ha fatto da sempre. Solo sarebbe ora di saperlo fare senza essere spinti da un disastro globale. Ma forse non siamo progettati per questo.<br />
</i>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-390318257026646792020-04-18T10:36:00.001+02:002020-04-21T09:22:04.159+02:00Covid-19 - Una nuova normalitàVivere sarà più rischioso, facciamocene una ragione e impariamo a convivere con questa nuova realtà.<br />
<br />
Non illudiamoci che finisca presto o che per magia tutto torni come prima perché non c'era un "prima", c'era solo il caso di aver vissuto un lungo periodo in cui tutto è andato bene.<br />
Questo virus poteva apparire 1 anno fa, 10 anni fa, 50 anni fa. Era una spada di damocle che era sulla nostra testa da sempre e sempre lo sarà, perché come tutte le specie siamo vulnerabili all'evoluzione delle cose.<br />
<br />
Gli ultimi 100 anni ci hanno dato la falsa illusione che esistesse una sorta di "normalità", di "stabilità", di "equilibrio" al quale corrispondesse il mondo come piaceva a noi e come ci andava bene.<br />
<br />
Ma, appunto, era una falsa illusione.<br />
<br />
Il nostro pianeta e ciò che ci sta sopra, vivente o meno che sia, è in perenne evoluzione e cambiamento come giusto che sia altrimenti l'universo non sarebbe quello che è.<br />
<br />
E' arrivato il momento di prendere atto con pragmatismo, coraggio e quella forza e capacità che ci hanno permesso di arrivare a quello che abbiamo oggi che si è chiuso un ciclo e se ne deve riaprire un altro.<br />
Cose che davamo per scontate al punto da credere di non dovercene più preoccupare sono scomparse da un giorno all'altro e dovranno essere ricostruite in un contesto diverso con una forma diversa.<br />
<br />
Non sarà facile soprattutto perché, nel transitorio in cui le ricostruiremo, ci mancheranno e forte sarà l'impulso a cercare un colpevole, un capro espiatorio, qualcosa contro cui puntare il dito e potersi così alleggerire dal peso di dover convivere con qualcosa a cui non siamo stati abituati: shit happens.<br />
<br />
Andare al lavoro sarà più rischioso, prendere un aperitivo con gli amici sarà più rischioso, andare a teatro o al cinema sarà più rischioso, fare turismo sarà più rischioso e lo saranno indipendentemente dagli accorgimenti che sapremo prendere perché questo tipo di rischio non è azzerabile.<br />
<br />
Dobbiamo imparare una cosa nuova, per le nostre generazioni: convivere con un rischio non banale ma reale, bilanciando in ogni momento i pro e i contro e avendo il pragmatismo necessario a comprendere fino in fondo che non esiste il pasto gratis, non esistono accorgimenti e comportamenti che azzerano il rischio o lo rendono accettabile nei termini che usavamo fino a gennaio.<br />
<br />
Tutto qui.<br />
<br />
Se lo sapremo fare ne uscirà una umanità migliore, se non lo sapremo fare ne uscirà una umanità che ripartirà da molto più indietro nel tempo.<br />
<br />
Quanto indietro dipenderà solo da noi.
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-15871161707683214322017-03-12T17:28:00.000+01:002017-03-12T17:30:34.970+01:00LateThink racconta: l'ekranoplanoLa seconda guerra mondiale aveva messo in luce la necessità di avere navi veloci, in grado sia di portare attacchi improvvisi contro altri navigli che di supportare operazioni di sbarco garantendone l'effetto sorpresa.</br>
</br>
Il problema era però, allora come oggi, che la velocità di una nave non può prescindere dalla resistenza dell'acqua e dalle leggi che ne legano il coefficiente di forma alla velocità stessa. A differenza di quanto avvenne con i velivoli, per le navi non bastò avere motori più potenti o disegnare forme più affusolate e plananti, occorreva inventarsi qualcosa di nuovo.</br>
</br>
Serviva un veicolo che potesse svincolarsi dall'appoggio diretto sull'acqua pur mantenendo un payload elevato ed un raggio d'azione notevole: un veicolo che sfruttasse l'"effetto suolo" ma che non fosse né un hovercraft né un aliscafo.</br>
</br>
Serviva un GEV, Ground Effect Vehicle o come lo chiamano i russi, che come vedremo saranno i protagonisti di questa storia, un ekranoplano.</br>
</br>
Semplificando molto, l'"effetto suolo" di cui stiamo parlando è l'alterazione della portanza di un ala quando questa si trova molto vicina ad una superficie considerabile come solida in confronto al fluido in cui essa si muove.</br>
</br>
In queste particolari condizioni la portanza può incrementarsi anche del 50% e l'efficienza aerodinamica superare tranquillamente del 100% quella originale permettendo all'ekranoplano di avere un carico utile molto maggiore di quello di un velivolo convenzionale. La velocità è ovviamente minore, sempre rispetto ad un velivolo, ma è comunque di un ordine di grandezza superiore a quella di una nave e ciò, unitamente al payload, è sufficiente per gli scopi prefissati.</br>
</br>
Come ho accennato prima, i russi furono protagonisti in questo campo e iniziarono a sviluppare il concetto di ekranoplano nei primi anni '60.</br>
</br>
E' necessaria, però, una premessa per poter giudicare questi progetti ed entrare nello spirito dell'epoca: erano anni nei quali la guerra fredda, la corsa agli armamenti e la paura di restare indietro giustificavano ogni spesa. Anni in cui la tecnologia procedeva a velocità tali da lasciare indietro la fantascienza, facendo ritenere che ogni idea, per quanto strampalata, meritasse di essere testata.</br>
Del resto si era passati in meno di trent'anni dal Lancaster che portava 10 tonnellate di bombe nel il cuore della Germania al limite dei suoi 4000 km di autonomia al Saturno V/Apollo capace di portare un carico di 140 tonnellate in orbita bassa, poi spingere 48 tonnellate per 400.000 km fino alla luna, farvi scendere due uomini e riportarli a casa.</br>
</br>
Tenete presente quello che ho appena scritto nel continuare la lettura: alla luce di ciò che sappiamo oggi sarà facile dire "si, figuriamoci... ma cosa pensavano di fare" ma dovete tornare in un tempo in cui l'ekranoplano sembrava essere il mezzo capace di sbarcare uomini e veicoli atterrando direttamente su una spiaggia dopo esserci arrivato a 500 km orari, passando sotto la copertura radar e allo stesso tempo sopra agli ostacoli antisbarco.</br>
</br>
Ma torniamo ai russi.</br>
</br>
Nel 1972 vide la luce l'aereo anfibio VVA-14, costruito dalla Beriev DB e progettato da un team guidato da Robert Bartini.</br>
</br>
Nato per dare la caccia ai sottomarini "Polaris" americani, tecnicamente parlando il VVA-14 non era un ekranoplano in quanto l'effetto suolo veniva sfruttato praticamente solo per permettere decolli e atterraggi "non-contact".</br>
Grazie all'effetto suolo il VVA-14 poteva operare da qualunque superficie senza subire le penalizzazioni in tema di prestazioni che erano invece tipiche dei velivoli a decollo verticale.</br>
</br>
Il progetto ebbe vita breve in quanto la morte di Bartini nel '74 portò alla sua cancellazione.</br>
</br>
Va comunque detto che esso non era visto di buon occhio dall'aviazione, assolutamente contraria ad occuparsi di ekranoplani e idrovolanti: "Siccome possono galleggiare" - dicevano i vertici dell'aeronautica - "lasciamoli fare alla marina".</br>
</br>
Quest'ultima, dal canto suo, non era per niente felice di dover lasciare la ben nota e rassicurante superficie del mare per mettersi a progettare "navi volanti".</br>
</br>
Fu così che lo sviluppo degli ekranoplani venne affidato al dipartimento che si occupava della progettazione di aliscafi, a capo del quale c'era un ingegnere di grande carisma e talento: Rotislav Alexeyev.</br>
</br>
Alexeyev portò gli studi, la tecnologia e lo sviluppo di tali veicoli ad un livello tale da meritarsi l'interesse delle autorità e, di conseguenza, anche il massimo della segretezza. La parola stessa "ekranoplano" divenne top secret e tutti i prototipi vennero denominati semplicemente "navi veloci".</br>
</br>
Inizialmente si trattava di modelli autopropulsi a controllo remoto ma poi si passò a prototipi veri e propri i cui test si svolgevano al riparo da occhi indiscreti al Gorky Reservoir, un lago artificiale formato sul fiume Volga da una diga idroelettrica.</br>
</br>
Oltre allo sfruttamento dell'effetto suolo si indagarono e testarono anche soluzioni ingegneristiche in grado di permettere a questi veicoli di uscire dall'acqua e operare su superfici solide, come il ghiaccio o i terreni cedevoli come le spiagge.</br>
</br>
Fu durante queste ricerche che vennero definite tre classi di ekranoplani: "Ekranoplan Class A" che sfruttano il solo effetto suolo, "Ekranoplan Class B" che sfruttano l'effetto suolo ma possono anche volare ad altitudini fino ai 3000 m, "Ekranoplan Class C" che, di fatto, sono veri e propri aeroplani che sfruttano l'effetto suolo solo al momento del decollo e dell'atterraggio.</br>
In questa classificazione il Beriev VVA-14 era un classe C.</br>
</br>
</br>
<u><b>Korabl Maket - Kaspian Monster</b></u></br>
</br>
Tutte le esperienze fatte confluirono nel "KM" (Korabl Maket), un enorme ekranoplano classe A lungo quasi 100 metri e costruito negli stabilimenti "Volga Plant" nel 1966.</br>
</br>
<center>
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/T1Qbtb_cpRU" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>
</center>
</br>
Gli americani, quando grazie alle fotografie satellitari lo scoprirono, lo soprannominarono "Kaspian Monster" dalle lettere KM che si leggevano sulla fusoliera. E mostro lo era davvero dato che, ai tempi, era il veicolo volante più grande e pesante del mondo.</br>
</br>
Con un peso "al decollo" di 544 tonnellate e spinto dai suoi 10 motori turbojet Dobrynin VD-7 (4+4 per controllo e sostentamento a prua e 2 di spinta in coda) il KM poteva spingersi a velocità superiori ai 500 km/h (in alcuni test superò i 640 km/h) ad una altezza sulla superficie tra i 4 e i 18 metri.</br>
</br>
Il Comitato Centrale valutò molto positivamente l'ekranoplano evidenziandone, in particolare, le capacità marine e le prestazioni e quindi i collaudi proseguirono per vari anni.</br>
</br>
Nel 1980 il KM si schiantò in seguito ad un errore del pilota e non fu possibile recuperarlo ma i test dimostrarono comunque la validità delle scelte progettuali ed ingegneristiche.</br>
</br>
</br>
<u><b>A-90 "Orlyonok"</b></u></br>
</br>
L'Orlyonok fu un ekranoplano progettato dal team di Rotislav Alexeyev proprio per mettere in pratica la missione che avevo esposto all'inizio: sbarcare uomini e mezzi direttamente a destinazione senza dove gestire la transizione mare/terra, arrivando velocemente e passando sotto la copertura radar.</br>
</br>
<center>
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/XllifkDZbS0" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>
</center>
</br>
Si trattava di un ekranoplano classe B di medie dimensioni, lungo poco meno di 60 metri e con un peso massimo al decollo di 140 tonnellate.</br>
Propulso da due turbofam Kuznetsov NK-8-4K a prua in funzione di controllo e sostentamento e da un turboprop Kuznetsov NK-12MK in coda per la spinta (si, proprio quello del Bear, con le sue caratteristiche eliche) aveva una velocità di crociera di 400 km/h e un raggio di azione di 1500 km.</br>
</br>
Essendo un classe B poteva anche salire di quota e volare come un vero e proprio aereo sebbene limitato ad una quota massima di circa 3000 m.</br>
</br>
La sua particolarità era di essere costruito per sbarcare velocemente i veicoli, generalmente dei BTR, e a tal scopo tutta la parte anteriore si apriva di lato, cosa non da poco visto che questa sorta di enorme portello comprendeva l'intero apparato propulsore di prua e la cabina di pilotaggio.</br>
</br>
I vertici della marina rimasero impressionati da questo ekranoplano e dalle sue potenzialità. Garantiva velocità di dispiegamento di mezzi e uomini semplicemente non alla portata di qualsiasi naviglio convenzionale. Inoltre le normali contromisure anti sbarco, fossero essi ostacoli o campi minati, divenivano inefficaci perché vi passava sopra.</br>
</br>
Il mezzo ideale per creare velocemente una testa di ponte anche su un litorale ben difeso. E potendo, se necessario, alzarsi di quota come un aereo.</br>
</br>
In pratica la famosa "nave volante" che la marina aveva detto non valesse la pena di sviluppare.</br>
</br>
Durante un volo di prova nel 1975 l'Orlyonok si arenò per un errore di manovra. Il pilota non fece una piega: diede potenza ai lift blowers, scivolò fino all'acqua, decollò e tornò tranquillo alla base. L'incidente si trasformò in una dimostrazione della resilienza del veicolo.</br>
</br>
Solo 5 Orlyonok vennero costruiti dei preventivati 120: nel 1984 il ministro della difesa Ustinov, grande sostenitore dell'ekranoplano e fautore dell'idea di possederne una flotta, morì. Il nuovo ministro, Sokolov, chiuse il programma e dirottò i fondi verso la costruzione di sommergibili nucleari.</br>
</br>
</br>
<u><b>Project 903 "Lun"</b></u></br>
</br>
<center>
<iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/-07t8HqU4_Y" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>
</center>
</br>
Nonostante la cancellazione del programma Orlyonok, il vulcanico Alexeyev e il suo team svilupparono un nuovo ekranoplano, di dimensioni intermedie tra l'Orlyonok e il KM e questa volta si trattava non di un mezzo da sbarco ma di un veicolo d'attacco.</br>
</br>
Il suo compito era di attaccare e distruggere i gruppi da battaglia della marina nemica, in particolare le portaerei e le piattaforme multiruolo come le navi d'assalto anfibie in collaborazione con altri mezzi di superficie e sottomarini.</br>
</br>
Lungo poco più di 70 metri, con una apertura alare di 44, un peso massimo al decollo di 380 tonnellate e una velocità di oltre 500 km/h era spinto da 8 motori Kuznetsov NK-87 da 13000 kg di spinta l'uno, montati in configurazione 4+4 su due canard a prua. L'autonomia era di circa 2000 km e l'equipaggio di 10 persone.</br>
</br>
Era armato in modo inconsueto e appariscente: portava sulla groppa 6 tubi lanciatori per missili "Moskit".</br>
Il Moskit, SS-N-22 Sunburn per la NATO, era un missile antinave supersonico spinto da un motore ramjet capace di arrivare a mach 3 e colpire entro un raggio di 250 km. Introdotto nei primi anni '80 sui più recenti cacciatorpediniere di allora era un'arma notevole e l'idea di averne 6 su una piattaforma che potesse viaggiare a 500 km/h rendeva il "Lun" un astro nascente della marina.</br>
</br>
Oltre all'armamento possente, il Lun possedeva una velocità nettamente superiore non solo alle navi ma anche agli hovercraft e agli aliscafi, una bassa osservabilità radar, un minor consumo e maggiore payload rispetto ad un aeroplano e, soprattutto, non era secondo a nessuno in tema di survivability.</br>
</br>
Anche questo progetto però finì per essere cancellato, questa volta a causa del collasso dell'Unione Sovietica.</br>
</br>
Ma il "Lun" non era morto: nell'aprile del 1989 il sommergibile nucleare "Komsomolets" ebbe un tragico incidente nel mare di Norvegia. L'equipaggio non ebbe scampo nonostante avesse lottato per sopravvivere oltre 6 ore.</br>
</br>
I soccorsi arrivarono troppo tardi e questo dimostrò le profonde carenze della marina in caso si dovesse portare assistenza a vascelli molto distanti dalle basi navali.</br>
Le navi da soccorso erano troppo lente e l'aviazione non aveva la possibilità di portare in loco le attrezzature necessarie.</br>
</br>
Un anno dopo questa tragedia l'ekranoplano "Lun" partecipò ad una esercitazione di salvataggio organizzata nel Mar Caspio.</br>
</br>
Furono compiute missioni di assistenza sia con bel tempo e mare calmo che con condizioni di tempesta e la conclusione fu univoca: se la flotta del Baltico fosse stata dotata di un ekranoplano simile al "Lun" i soccorsi al "Komsomolets" avrebbero potuto raggiungerlo in un paio d'ore dall'inizio dei problemi.</br>
</br>
Era evidente che l'ekranoplano era un mezzo formidabile per missioni di soccorso in mare e questo portò allo sviluppo di un progetto civile basato sul "Lun" a cui venne dato un nome che era tutto un programma: "Lifesaver".</br>
</br>
Purtroppo però, di nuovo, il progetto venne congelato per mancanza di fondi.</br>
</br>
Il team di Alexeyev comunque non venne smantellato e continuò per più di 20 anni a progettare ekranoplani, virtualmente senza fondi a disposizione.</br>
</br>
Nel 2012 il Ministero della Difesa riprese in considerazione il concetto di ekranoplano e dopo una profonda analisi concluse che il veicolo era ancora promettente.</br>
</br>
Vedremo se i nipoti del "Lun" avranno un futuro negli scenari attuali, magari come droni e organizzati in sciami a guida autonoma.</br>
</br>
Una curiosità per gli amanti della fotografia e i contabulloni: non perdetevi assolutamente una <a href="http://igor113.livejournal.com/51213.html">visita virtuale al "Lun" così come è adesso attraverso le splendide e dettagliatissime fotografie di Igor113</a>.</br>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-43628510592510967262016-07-28T16:49:00.000+02:002016-07-28T16:49:24.451+02:00Il giorno del GranducaE' mattina presto in Lussemburgo e il paesaggio all'intorno trasmette la ridente immagine di un campo di stoppie in una giornata nebbiosa.<br />
Il Granduca Enrico è sveglio da un po'.<br />
Ancora in pigiama, osserva dalla sua finestra il pigro volo delle cornacchie e il lento pascolo di un gregge di pecore.
<blockquote><i>
Porca troia, che palle di posto. Se non fosse che tutti vogliono avere la sede qui da noi per questioni fiscali la gente manco saprebbe dove stiamo. Mi sembra di governare il Molise.
</i></blockquote>
Mentre si gratta il culo con regale eleganza lo sgurdo si perde pigramente nella nebbia umida.<br />
E' solo un attimo e un lampo brilla nei suoi occhi.
<blockquote><i>
Ma adesso basta, si vive una volta sola.
</i></blockquote>
E fa partire uno scaracchio che finisce con aristocratica precisione nella sputacchiera d'argento posata a terra.<br />
<br />
Quella stessa mattina, nella sala grande colma di giornalisti, tutti si chiedono perché siano stati convocati d'urgenza. L'ipotesi più gettonata è che il Granduca voglia abdicare.
<blockquote><i>
"Signori, il Granduca Enrico di Lussemburgo"
</i></blockquote>
La sala piomba in un rispettoso silenzio. Il Granduca entra con quell'aria severa e decisa che è propria dei regnanti quando si accingono ad annunci che faranno la storia.
<blockquote><i>
"Oggi sarà un giorno memorabile per il Lussemburgo ma anche per il mondo intero."
</i></blockquote>
La voce è pacata ma regale. Stupore misto a curiosità pervade la sala mentre i presenti si scambiano occhiate interrogative.
<blockquote><i>
"Oggi il nostro regno tornerà ad essere tale."
</i></blockquote>
In alcuni degli astanti la curiosità inizia a lasciare il posto ad un sentimento di sospetto, quasi un presentimento. Qualcuno si volta come a cercare di capire da dove sia entrato il refolo gelido che, improvvisamente, si sente spirare.
<blockquote><i>
"Un regno libero e senza più vincoli."
</i></blockquote>
Un brivido corre lungo la schiena di alcuni dei presenti come se uno stormo di cornacchie fosse entrato dalla finestra e si fossero posate sulle loro spalle.
<blockquote><i>
"Il Lussemburgo, da questo momento, non farà più parte della Comunità Europea."
</i></blockquote>
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-42727841667693119952015-09-12T23:22:00.002+02:002015-09-12T23:24:03.573+02:00Guerre StellariEra un pomeriggio del 1977 e, come sempre, ero a casa a finire i compiti.<br />
Fu molto strano vedere arrivare mio padre a quell'ora inconsueta e ancora più strano fu quando mi disse: "Vestiti che andiamo al cinema". La mamma mi raccontava che l'ultima volta che c'era stato era per vedere "Il dottor Zivago".<br />
Il cinema era in centro a Bergamo e fuori ricordo una lunga coda.<br />
Tornai a casa frastornato e ipnotizzato. Per settimane il mio lego fu monopolizzato dal tentativo di riprodurre quello che avevo visto.<br />
Il film era "Guerre Stellari" e questa sera, osservando le bimbe a bocca aperta davanti al televisore di casa nel vederlo per la prima volta, ho capito cosa provò mio padre e cosa lo spinse a farlo.<br />LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-41510856360597247522015-08-13T23:14:00.000+02:002015-09-12T23:24:18.244+02:00Il bagnasciuga della vitaCammino sul bagnasciuga con la bimba grande.<br />
Per un breve tratto la distesa di ciottoli lascia spazio a morbida sabbia e lei si allontana spiccando un paio di salti da ballerina.<br /><br />
Osservo ammirato l'eleganza del suo movimento, accentuata dallo svolazzare del vestitino leggero.
È forte il contrasto con la rabbia oscura del mare agitato dal vento che la spruzza nel vano tentativo di competere con la sua serenità.<br /><br />
È come se lei fosse una immagine a colori in una fotografia in bianco e nero.<br /><br />
Si ferma, si volta e tende la mano al suo papà ignara di quello che gli ha appena regalato.<br /><br />
È uno di quei momenti in cui un padre si chiede cosa volere di più dalla vita. Di solito la risposta è "nulla" ma questa volta è diverso. Vorrei poter dilatare il tempo per allungare il momento magico della vita nel quale una bimba diventa ragazza e un papi diviene padre restando entrambi l'uno e l'altro.<br />LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-15904262944866309712015-05-02T22:00:00.000+02:002015-09-13T00:10:22.233+02:00Fai la cosa giustaQuando si è passato anni a confondere la libertà di espressione con il diritto di insultare, la libertà di opporsi con il diritto a violare le leggi e la tutela delle minoranze con il diritto di queste a sopravanzare le maggioranze il risultato è quello che oggi abbiamo sotto gli occhi.<br /><br />
Una cosa sbagliata lo è sempre e va fermata sempre, anche e soprattutto quando è possibile farlo con poco. Non va ignorata perché "è roba da poco", anche le valanghe incominciano con poco.<br /><br />
Ma per far questo occorre una cosa che l'occidente non ha più: il pragmatismo di fare ciò che è giusto, non ciò che crede debba essere giusto.<br />LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-58543370353287985982015-05-01T15:49:00.000+02:002015-09-12T23:24:51.432+02:00Expo 2015Oggi si inaugura una edizione di Expo a mio avviso molto particolare.<br /><br />
Lo è perché mai come questa volta si coniugano, nel peggio di entrambe, le istanze del provincialismo snob e spocchioso ispirato da chi, vivendo tra Parioli e Via Montenapoleone, esalta il modo di produrre cibo propria di un era in cui si moriva di fame con quelle dei no-tutto che oggi protesteranno senza rendersi conto che i loro bersagli, alla fin fine, pensano e aspirano a sciocchezze pari alle loro.<br /><br />
Riposto una frase di Roberto Brazzale che riassume in modo meraviglioso quello che da oggi andrà in onda.<br />
<blockquote><i>"Un'expo nel quale insegneremo ai poveri del mondo come devono rimanere tali per non disturbare l'amenità del quadretto arcadico che ci piace così tanto da quando ce ne siamo affrancati, noi."</i></blockquote>
Buon Expo 2015 a tutti.LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-40446732995011101442014-01-08T22:06:00.003+01:002014-01-08T22:06:49.163+01:00Facebook Science EraSono cresciuto nella consapevolezza e nell'insegnamento che la verità fosse una affermazione non contraddicibile nel contesto nel quale fosse stata formulata.<br />
<br />
Oggi constato che la verità è una affermazione non contraddetta dalla maggioranza e che la prova della validità di una teoria non risiede più nella sua verifica sperimentale ma nel grado di consenso che essa raggiunge nella comunità.<br />
<br />
Benvenuti nella Facebook Science Era.LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-50450677271378570612013-06-08T21:01:00.002+02:002013-06-09T20:30:39.563+02:00Ubbidire vs impararePomeriggio inoltrato e sto spiegando alla bimba grande che per imparare
dall'esperienza di mamma e papà occorre, per prima cosa, essere ubbidienti.
Non sembra molto convinta, mi guarda e, improvvisamente, dice:
<blockquote><i>Ma anche disubbidire è un modo di imparare.</i></blockquote>
Rimango di sasso.<br /><br />
Dietro di lei compaiono volti sorridenti e pieni di approvazione. Sono sempre di più,
una piccola folla. Osservo con maggiore attenzione e riconosco Galileo, Leonardo,
Michelangelo, Copernico.<br /><br />
Va beh, la lezione è finita. Meglio cambiare discorso.LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-1574264928816183522013-05-24T14:21:00.000+02:002013-05-24T14:21:04.283+02:00Difetto di giudizioLa capacità di fare le cose non è peggiorata, è cambiato il nostro metro di giudizio su di esse.<br /><br />
Una volta si era fieri di ciò che si era costruito malgrado potesse avere dei difetti.<br />
Oggi ci si indigna sottolineando i difetti e facendo passare inosservato ciò che si è costruito.<br />
Domani non si costruirà più nulla perché saremo certi che avrà dei difetti.<br /><br />
Personalmente questa è una delle pochissime volte in cui rimpiango la mentalità del passato.LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2285745310809425460.post-25308023531091273472013-02-14T11:47:00.002+01:002013-02-15T21:11:56.442+01:00Il Thompson<blockquote><i>Maestro, oggi è San Valentino...</i></blockquote>
E ci sono i gangster cadenti.
<blockquote><i>Eh?</i></blockquote>
Hai presente San Lorenzo?
<blockquote><i>Ecco... io... non sono molto pratico di Santi.</i></blockquote>
Non ti ricordano nulla le parole "agosto", "stelle", "desideri"...
<blockquote><i>Ah, si! Le stelle cadenti a ferragosto.</i></blockquote>
Esatto.
<blockquote><i>Ma i gangster cosa c'entrano?</i></blockquote>
La storia, come vedo, non è il tuo forte. Piuttosto, hai pensato al regalo per Alina?
<blockquote><i>Beh, non ancora. Sono un po' indeciso: un anello è banale... mi piacerebbe regalarle qualcosa di originale.</i></blockquote>
Un Thompson.
<blockquote><i>Cos'è un gioiello?</i></blockquote>
A suo modo si. Comunque esercitare l'umorismo con te è come fare la cyclette: sudi, ti sofrzi ma non vai da nessuna parte.
<blockquote><i>Non dia tutte le colpe a me! E' lei che ha uno humor difficile.</i></blockquote>
Non è difficile, sei tu che sei ignorante.
<blockquote><i>Nel senso che ignoro, vero?</i></blockquote>
Sempre.
<blockquote><i>Torniamo al Thompson... qualcosa mi dice che deve avere a che fare con i gangster.</i></blockquote>
Fuochino.
<blockquote><i>Un aiutino?</i></blockquote>
Capone.
<blockquote><i>Che c'entra adesso il pranzo di Natale?</i></blockquote>
Capone, con una p sola come pistola.
<blockquote><i>Ah, non avevo capito. E la pistola... anche lei c'entra con i gangster...</i></blockquote>
E con te.
<blockquote><i>Ultimamente si sta lasciando andare ad espressioni non alla sua altezza.</i></blockquote>
Perché per farmi capire, anche negli insulti, occorre che scenda al tuo livello, altrimenti non mi comprendi.
<blockquote><i>Ecco, a livello di insulti preferirei restare ignorante.</i></blockquote>
Va bene, visto che non ci arrivi da solo ti invito a studiare la storia della strage di San Valentino per mezzo della quale Al Capone si impossessò di Chicago a spese di "Bugs" Moran.
<blockquote><i>E il Thompson che c'entra? Era il regalo che Capone fece alla sua fidanzata quella sera?</i></blockquote>
No, è il violino che suonò la colonna sonora.
<blockquote><i>Questa non l'ho capita...</i></blockquote>
Come il resto. Il Thompson era l'arma in voga ai tempi e spesso veniva trasportata in custodie da violino per mascherarla e prendere i nemici di sorpresa. Non mi dire che non hai mai visto film in cui si vede questa scena.
<blockquote><i>Si, me ne ricordo uno... con Bud Spencer... mi pare si chiamasse "Anche gli angeli mangiano fagioli"</i></blockquote>
Ero certo che, tra tutti i capolavori del genere, ti saresti ricordato di quello.
<blockquote><i>Beh, però è forte.</i></blockquote>
Lasciamo perdere.
<blockquote><i>Comunque, tornando ai gangster, fu un epoca irripetibile.</i></blockquote>
Non proprio. Le lotte tra bande rivali per il possesso del territorio si sono solo evolute e date un tono di "ufficialità" più o meno evidente e conclamato. Pensa solo alle fazioni che si disputano pezzi di territorio.
<blockquote><i>Ah, si... come i palestinesi...</i></blockquote>
Stai pensando alla Gaza Strip?
<blockquote><i>Cos'è, un cerotto?</i></blockquote>
Esci di qui.
LateThinkhttp://www.blogger.com/profile/13296198229470532324noreply@blogger.com2