Wednesday, April 18, 2012
La tavoletta della vita
Incomincio a sentirmi vecchio.
Mi sono accorto che se parlo della tavoletta del water quelli
che mi circondano pensano al tablet con cui leggere al cesso.
Friday, April 13, 2012
Servizi telematici e disservizi umani
UPDATE: questo post ha avuto un seguito che trovate qui
Come azzerare i vantaggi di una evoluzione tecnologica.
Piccola vicenda personale.
La regione Lombardia mette a disposizione un notevolissimo numero di servizi direttamente on-line attraverso l'autenticazione per mezzo della CRS (carta regionale dei servizi o tessera sanitaria) e lo stesso fa l'INPS autenticandosi sul sito tramite la stessa CRS. I servizi sono comodi ed efficienti. Ad esempio si può pagare direttamente con carta di credito il bollettino INPS della propria collaboratrice domestica (verificando anche lo storico dei pagamenti) o interrogare il proprio fascicolo sanitario scaricando gli esiti degli esami o le prescrizioni del proprio medico di famiglia.
Per accedere ed autenticarsi occorre la tessera, il relativo PIN e un lettore di smart card. Nessun problema solo che mio padre ha cambiato la tessera da poco e durante l'ultimo accesso non si accorge che sta usando il PIN della vecchia tessera. Dopo tre tentativi il PIN si blocca e va sbloccato attraverso il PUK (come un telefono). Ma qui sbaglia di nuovo perché, convinto di avere in mano PIN e PUK corretti (invece erano quelli della vecchia tessera) inserisce anche il PUK sbagliato e la tessera, giustamente, si blocca. Dico giustamente perché la CRS non è solo una normale tessera ma contiene anche il certificato digitale con cui firmare elettronicamente i documenti e quindi è maledettamente sensibile.
A questo punto mio padre mi chiama per sapere cosa fare. Chiamo il numero verde della Regione Lombardia e, spiegata la cosa, l'operatore identifica immediatamente il problema e mi conferma quello che già sospettavo: occorre chiedere il rilascio di una nuova tessera. La cosa è perfettamente logica: se perdo un mazzo di chiavi di casa è giusto che cambi le serrature, anche se lo ritrovo.
Quindi mio padre si reca allo sportello dell'ASL per richiedere la nuova tessera e qui comincia l'avventura: il personale di tale sportello non capisce il problema. L'impiegato inserisce la tessera nel lettore, esegue un test (senza inserire alcun PIN e non gli passa nemmeno per la testa che se il problema era il PIN il suo test non serva a nulla) e sentenzia che è tutto a posto "probabilmente era solo smagnetizzata" (smagnetizzata? Una tessera a microchip? ). Stampa di nuovo PIN e PUK e restituisce il tutto a mio padre che rientra a casa e prova di nuovo ad usare la tessera. Ovviamente non è cambiato nulla essendo la tessera bloccata. Quindi torna alla ASL, altro operatore e stesso esito "La tessera funziona perfettamente. Probabilmente è il suo computer." (risposta standard per scaricare la responsabilità della propria ignoranza).
A questo punto mio padre mi chiama di nuovo e questa volta stampo gli screenshot del programma di gestione della CRS con i messaggi che indicano chiaramente che la tessera ha PIN e PUK bloccati. Con queste stampe mio padre torna per la terza volta allo sportello dell'ASL e finalmente ottiene la risposta che il call center della Regione mi aveva dato subito ma occhio al dialogo che riporto:
No, la pubblica amministrazione non è così arretrata come la si dipinge. Le tecnologie ci sono e sono operative. Ma non funzionano perché sono messe nelle mani di chi è nato con la macchina da scrivere e il telefono e pretende di continuare a vivere in quell'epoca per non dover studiare. Per poter continuare a fare il suo compitino routinario. O, peggio, di chi vede nei servizi telematici un pericolo per il proprio posto di lavoro e tenta di boicottarlo.
Come azzerare i vantaggi di una evoluzione tecnologica.
Piccola vicenda personale.
La regione Lombardia mette a disposizione un notevolissimo numero di servizi direttamente on-line attraverso l'autenticazione per mezzo della CRS (carta regionale dei servizi o tessera sanitaria) e lo stesso fa l'INPS autenticandosi sul sito tramite la stessa CRS. I servizi sono comodi ed efficienti. Ad esempio si può pagare direttamente con carta di credito il bollettino INPS della propria collaboratrice domestica (verificando anche lo storico dei pagamenti) o interrogare il proprio fascicolo sanitario scaricando gli esiti degli esami o le prescrizioni del proprio medico di famiglia.
Per accedere ed autenticarsi occorre la tessera, il relativo PIN e un lettore di smart card. Nessun problema solo che mio padre ha cambiato la tessera da poco e durante l'ultimo accesso non si accorge che sta usando il PIN della vecchia tessera. Dopo tre tentativi il PIN si blocca e va sbloccato attraverso il PUK (come un telefono). Ma qui sbaglia di nuovo perché, convinto di avere in mano PIN e PUK corretti (invece erano quelli della vecchia tessera) inserisce anche il PUK sbagliato e la tessera, giustamente, si blocca. Dico giustamente perché la CRS non è solo una normale tessera ma contiene anche il certificato digitale con cui firmare elettronicamente i documenti e quindi è maledettamente sensibile.
A questo punto mio padre mi chiama per sapere cosa fare. Chiamo il numero verde della Regione Lombardia e, spiegata la cosa, l'operatore identifica immediatamente il problema e mi conferma quello che già sospettavo: occorre chiedere il rilascio di una nuova tessera. La cosa è perfettamente logica: se perdo un mazzo di chiavi di casa è giusto che cambi le serrature, anche se lo ritrovo.
Quindi mio padre si reca allo sportello dell'ASL per richiedere la nuova tessera e qui comincia l'avventura: il personale di tale sportello non capisce il problema. L'impiegato inserisce la tessera nel lettore, esegue un test (senza inserire alcun PIN e non gli passa nemmeno per la testa che se il problema era il PIN il suo test non serva a nulla) e sentenzia che è tutto a posto "probabilmente era solo smagnetizzata" (smagnetizzata? Una tessera a microchip? ). Stampa di nuovo PIN e PUK e restituisce il tutto a mio padre che rientra a casa e prova di nuovo ad usare la tessera. Ovviamente non è cambiato nulla essendo la tessera bloccata. Quindi torna alla ASL, altro operatore e stesso esito "La tessera funziona perfettamente. Probabilmente è il suo computer." (risposta standard per scaricare la responsabilità della propria ignoranza).
A questo punto mio padre mi chiama di nuovo e questa volta stampo gli screenshot del programma di gestione della CRS con i messaggi che indicano chiaramente che la tessera ha PIN e PUK bloccati. Con queste stampe mio padre torna per la terza volta allo sportello dell'ASL e finalmente ottiene la risposta che il call center della Regione mi aveva dato subito ma occhio al dialogo che riporto:
[ASL] Eh si, è bloccata. Occorre fare una nuova tessera. Ci vorrà circa un mese per averla.Ecco, l'ultima frase è emblematica: è la rappresentazione di una realtà che sta tagliando le gambe al nostro paese. Un funzionario pubblico che non solo non conosce il suo mestiere e non sa compiere le mansioni per le quali viene pagato ma addirittura non ha nemmeno capito il significato e la portata degli strumenti che sarebbe pagato per diffondere e per far conoscere e far funzionare.
[Mio padre] Settimana prossima devo andare all'estero. Nell'attesa mi lasciate questa tessera o mi date un documento sostitutivo?
[ASL] No. La tessera la ritiriamo e non è previsto un documento sostitutivo.
[Mio padre] E nel frattempo io resto senza tessera sanitaria?
[ASL] Si. Ma, scusi, in fin dei conti a lei che funzioni il PIN a cosa le serve?
No, la pubblica amministrazione non è così arretrata come la si dipinge. Le tecnologie ci sono e sono operative. Ma non funzionano perché sono messe nelle mani di chi è nato con la macchina da scrivere e il telefono e pretende di continuare a vivere in quell'epoca per non dover studiare. Per poter continuare a fare il suo compitino routinario. O, peggio, di chi vede nei servizi telematici un pericolo per il proprio posto di lavoro e tenta di boicottarlo.
Monday, April 9, 2012
Da grande farò l'astronauta
Oggi riflettevo sul decommissioning dello Shuttle.
Negli anni sessanta si costruivano mezzi in grado di portare l'uomo sulla Luna, a 300.000 Km di distanza dalla Madre Terra. Negli anni ottanta lo Shuttle si limitava ad andare poco oltre l'atmosfera. Oggi... oggi siamo seduti qui, sul nostro pianeta e al massimo mandiamo sonde robotiche.
Sembra di leggere un libro di storia al contrario.
Lo so, tutto questo ha anche un senso: l'evoluzione della robotica e della sensoristica, nonché dell'intelligenza artificiale ha reso meno determinante la presenza umana e questo lo vediamo anche sui campi di battaglia dove, in cielo, si usano sempre più droni e sempre meno velivoli con pilota. Ma non posso non pensare al fatto che la corsa alla Luna, il sogno di viaggiare nello spazio fossero anche dei formidabili sproni allo sviluppo scientifico e tecnologico di una umanità che aveva voglia di raggiungere traguardi oltre l'immaginazione.
Guardatevi intorno e se avete le competenze scientifico/tecniche necessarie provate a togliere dagli oggetti che vedete i materiali e le tecnologie che sono state sviluppate per la corsa alla Luna. Poi togliete quelle che sono frutto della corsa agli armamenti. Anche quelle di armi che non sono mai state usate, tipiche del periodo della guerra fredda.
Cosa resta?
Resta un mondo in cui nessuno di noi vorrebbe vivere, peraltro privo anche del mezzo su cui mi leggete.
L'obiezione classica a questo punto è che non sia necessario andare sulla Luna per sviluppare, ad esempio, un nuovo materiale. Invece no. Solo esigenze estreme e prive di alternative portano a sviluppi eccezionali. Laddove è possibile un compromesso, ci si fermerà a quello. Per fare una pentola antiaderente non sarebbe mai stato necessario né possibile economicamente sviluppare un materiale come il teflon. Ma per andare sulla Luna si, e questo ci ha permesso di goderne i vantaggi anche in settori che mai avrebbero giustificato il suo sviluppo e che si sarebbero accontentati di un compromesso.
Se chiedi qualcosa di possibile ottieni una risposta normale. Solo se chiedi l'impossibile ottieni qualcosa di straordinario, qualcosa che va oltre il conosciuto. Qualcosa che fa fare un balzo all'intera umanità.
Guardo il mondo di oggi, le sue miserie, il suo guardarsi l'ombelico e quello che vedo è una umanità che ha smesso di sognare in grande. Ha smesso di credere che ciò che oggi consideriamo impossibile in realtà potrebbe avverarsi. E se anche non si avverasse, nel tentativo si raggiungerebbero comunque traguardi innovativi, eccezionali, impensabili.
Si dice che non ci siano i soldi. Balle. Non si navigava nell'oro nemmeno nel passato ma si era più pragmatici, più determinati. Si aveva voglia di sacrificare qualcosa per raggiungere un sogno, per avviarsi lungo una strada nuova. Certo, spesso questi "sognatori" venivano derisi, sfidati a provare le loro convinzioni. Ma l'umanità ha sempre progredito grazie a queste persone, che hanno saputo indicare un obiettivo oltre l'orizzonte visibile e a coloro che si sono impegnati per raggiungerlo, anche quando non lo credevano possibile.
Quando Verne scrisse "Il giro del mondo in 80 giorni" era un sogno. Oggi lo facciamo in un tempo misurato in ore.
Quando Kennedy disse che gli USA avrebbero portato un uomo sulla Luna entro la fine del decennio pochi lo credettero possibile, per primi i sovietici. Certo, la NASA sapeva che c'era una buona probabilità di riuscire ma i piani erano pieni di punti di domanda legati alla tecnologia ed ai materiali. Quella tecnologia e quei materiali però vennero sviluppati e i punti di domanda in gran parte cancellati, inseguendo il traguardo che quel sogno aveva posto.
Quando Reagan annunciò al mondo l'intenzione di realizzare l'SDI, questo era un progetto basato in gran parte su tecnologie non ancora esistenti. Ma fece crollare l'Unione Sovietica trascinandola in una sfida tecnologica che non avrebbe potuto evitare né perdere (a differenza della corsa alla Luna, pena la sicurezza nazionale) ma che non poteva permettersi perché il suo modello socio/economico non era in grado di raccoglierla.
Negli anni '50 e '60 i bambini sognavano di fare gli astronauti, oggi di partecipare ad un talent show. Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
Negli anni sessanta si costruivano mezzi in grado di portare l'uomo sulla Luna, a 300.000 Km di distanza dalla Madre Terra. Negli anni ottanta lo Shuttle si limitava ad andare poco oltre l'atmosfera. Oggi... oggi siamo seduti qui, sul nostro pianeta e al massimo mandiamo sonde robotiche.
Sembra di leggere un libro di storia al contrario.
Lo so, tutto questo ha anche un senso: l'evoluzione della robotica e della sensoristica, nonché dell'intelligenza artificiale ha reso meno determinante la presenza umana e questo lo vediamo anche sui campi di battaglia dove, in cielo, si usano sempre più droni e sempre meno velivoli con pilota. Ma non posso non pensare al fatto che la corsa alla Luna, il sogno di viaggiare nello spazio fossero anche dei formidabili sproni allo sviluppo scientifico e tecnologico di una umanità che aveva voglia di raggiungere traguardi oltre l'immaginazione.
Guardatevi intorno e se avete le competenze scientifico/tecniche necessarie provate a togliere dagli oggetti che vedete i materiali e le tecnologie che sono state sviluppate per la corsa alla Luna. Poi togliete quelle che sono frutto della corsa agli armamenti. Anche quelle di armi che non sono mai state usate, tipiche del periodo della guerra fredda.
Cosa resta?
Resta un mondo in cui nessuno di noi vorrebbe vivere, peraltro privo anche del mezzo su cui mi leggete.
L'obiezione classica a questo punto è che non sia necessario andare sulla Luna per sviluppare, ad esempio, un nuovo materiale. Invece no. Solo esigenze estreme e prive di alternative portano a sviluppi eccezionali. Laddove è possibile un compromesso, ci si fermerà a quello. Per fare una pentola antiaderente non sarebbe mai stato necessario né possibile economicamente sviluppare un materiale come il teflon. Ma per andare sulla Luna si, e questo ci ha permesso di goderne i vantaggi anche in settori che mai avrebbero giustificato il suo sviluppo e che si sarebbero accontentati di un compromesso.
Se chiedi qualcosa di possibile ottieni una risposta normale. Solo se chiedi l'impossibile ottieni qualcosa di straordinario, qualcosa che va oltre il conosciuto. Qualcosa che fa fare un balzo all'intera umanità.
Guardo il mondo di oggi, le sue miserie, il suo guardarsi l'ombelico e quello che vedo è una umanità che ha smesso di sognare in grande. Ha smesso di credere che ciò che oggi consideriamo impossibile in realtà potrebbe avverarsi. E se anche non si avverasse, nel tentativo si raggiungerebbero comunque traguardi innovativi, eccezionali, impensabili.
Si dice che non ci siano i soldi. Balle. Non si navigava nell'oro nemmeno nel passato ma si era più pragmatici, più determinati. Si aveva voglia di sacrificare qualcosa per raggiungere un sogno, per avviarsi lungo una strada nuova. Certo, spesso questi "sognatori" venivano derisi, sfidati a provare le loro convinzioni. Ma l'umanità ha sempre progredito grazie a queste persone, che hanno saputo indicare un obiettivo oltre l'orizzonte visibile e a coloro che si sono impegnati per raggiungerlo, anche quando non lo credevano possibile.
Quando Verne scrisse "Il giro del mondo in 80 giorni" era un sogno. Oggi lo facciamo in un tempo misurato in ore.
Quando Kennedy disse che gli USA avrebbero portato un uomo sulla Luna entro la fine del decennio pochi lo credettero possibile, per primi i sovietici. Certo, la NASA sapeva che c'era una buona probabilità di riuscire ma i piani erano pieni di punti di domanda legati alla tecnologia ed ai materiali. Quella tecnologia e quei materiali però vennero sviluppati e i punti di domanda in gran parte cancellati, inseguendo il traguardo che quel sogno aveva posto.
Quando Reagan annunciò al mondo l'intenzione di realizzare l'SDI, questo era un progetto basato in gran parte su tecnologie non ancora esistenti. Ma fece crollare l'Unione Sovietica trascinandola in una sfida tecnologica che non avrebbe potuto evitare né perdere (a differenza della corsa alla Luna, pena la sicurezza nazionale) ma che non poteva permettersi perché il suo modello socio/economico non era in grado di raccoglierla.
Negli anni '50 e '60 i bambini sognavano di fare gli astronauti, oggi di partecipare ad un talent show. Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
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