In questo momento in cui si parla di riaperture, fase 2 e ritorno alla normalità sento spesso parlare delle misure di sicurezza da adottare accompagnate da aggettivi come "adeguate", "efficaci", "in grado di garantire la sicurezza".
Tutto giusto ma non viene sottolineata con forza una cosa fondamentale: qualsiasi misura venga presa non garantirà mai che non si prenda comunque il virus, semplicemente perché questo tipo di certezza non è del nostro mondo.
Come ho scritto nel post precedente, il ritorno alla normalità non sarà un ritorno a quello che avevamo prima ma ad una "normalità" diversa in cui, che ci piaccia o meno, dovremo convivere con un rischio maggiore che potrà essere contenuto ma non azzerato.
Questo lo dico perché il più grosso cambiamento mentale che il futuro ci richiederà sarà accettare che le cose possano andare male anche se avremo fatto tutto il possibile e il dovuto affinché non succeda.
E credetemi, non siamo stati abituati a concepire una cosa simile.
Faccio un esempio: per riprendere una qualsiasi attività occorre che il luogo di lavoro sia "messo in sicurezza" attraverso una serie di accorgimenti di legge. La nostra mentalità ci porta automaticamente a pensare che, se le norme sono rispettate, il virus non lo si possa e debba prendere sul posto di lavoro. Allora perché alcune attività possono riprendere e altre no? Se le misure sono efficaci che si produca una cosa essenziale o meno non dovrebbe fare differenza.
Invece no.
Perché, pur con tutte le misure in atto, il rischio non è azzerato ed è ancora maggiore di quanto siamo stati abituati a considerare accettabile ed ignorabile.
Questo è il cambiamento di mentalità di cui accennavo nel post precedente: occorre prendere atto del fatto che l'asticella del rischio accettabile deve alzarsi.
Ma, soprattutto, dobbiamo tornare ad accettare che la responsabilità delle nostre scelte, del rischio che decidiamo di accettare e del fatto che possano essere sbagliate sia nostra.
Guardate al nostro recente passato con questa nuova ottica e vi renderete conto che calare questo concetto di responsabilità individuale nella nostra generazione non sarà affatto facile e genererà repulsione, astio, ricerca comunque del colpevole o del capro espiatorio.
Purtroppo per noi, però, la realtà fa ciò che vuole lei e non ciò che noi vorremmo essa facesse. Ci ha sopportato per un po' sperando che ci arrivassimo con le buone ma ora si è stufata e ha deciso di farcelo capire con le cattive.
Sta a noi cambiare. Ed evolvere adattandosi alle nuove condizioni o liberare il campo.
P.S. non equivocate: quello che ho scritto non significa accettare passivamente ciò che viene così come viene. La parola chiave è "adattamento" che si attua sia in forma passiva e pragmatica, cioè accettare ciò che non possiamo governare e le sue conseguenze, sia in forma attiva che si implementa con ricerca, tecnologia, sviluppo, ridisegno di abitudini e mentalià, costrutti sociali e morali.
In fin dei conti non è niente di nuovo, è quello che l'umanità ha fatto da sempre. Solo sarebbe ora di saperlo fare senza essere spinti da un disastro globale. Ma forse non siamo progettati per questo.
Tuesday, April 21, 2020
Saturday, April 18, 2020
Covid-19 - Una nuova normalità
Vivere sarà più rischioso, facciamocene una ragione e impariamo a convivere con questa nuova realtà.
Non illudiamoci che finisca presto o che per magia tutto torni come prima perché non c'era un "prima", c'era solo il caso di aver vissuto un lungo periodo in cui tutto è andato bene.
Questo virus poteva apparire 1 anno fa, 10 anni fa, 50 anni fa. Era una spada di damocle che era sulla nostra testa da sempre e sempre lo sarà, perché come tutte le specie siamo vulnerabili all'evoluzione delle cose.
Gli ultimi 100 anni ci hanno dato la falsa illusione che esistesse una sorta di "normalità", di "stabilità", di "equilibrio" al quale corrispondesse il mondo come piaceva a noi e come ci andava bene.
Ma, appunto, era una falsa illusione.
Il nostro pianeta e ciò che ci sta sopra, vivente o meno che sia, è in perenne evoluzione e cambiamento come giusto che sia altrimenti l'universo non sarebbe quello che è.
E' arrivato il momento di prendere atto con pragmatismo, coraggio e quella forza e capacità che ci hanno permesso di arrivare a quello che abbiamo oggi che si è chiuso un ciclo e se ne deve riaprire un altro.
Cose che davamo per scontate al punto da credere di non dovercene più preoccupare sono scomparse da un giorno all'altro e dovranno essere ricostruite in un contesto diverso con una forma diversa.
Non sarà facile soprattutto perché, nel transitorio in cui le ricostruiremo, ci mancheranno e forte sarà l'impulso a cercare un colpevole, un capro espiatorio, qualcosa contro cui puntare il dito e potersi così alleggerire dal peso di dover convivere con qualcosa a cui non siamo stati abituati: shit happens.
Andare al lavoro sarà più rischioso, prendere un aperitivo con gli amici sarà più rischioso, andare a teatro o al cinema sarà più rischioso, fare turismo sarà più rischioso e lo saranno indipendentemente dagli accorgimenti che sapremo prendere perché questo tipo di rischio non è azzerabile.
Dobbiamo imparare una cosa nuova, per le nostre generazioni: convivere con un rischio non banale ma reale, bilanciando in ogni momento i pro e i contro e avendo il pragmatismo necessario a comprendere fino in fondo che non esiste il pasto gratis, non esistono accorgimenti e comportamenti che azzerano il rischio o lo rendono accettabile nei termini che usavamo fino a gennaio.
Tutto qui.
Se lo sapremo fare ne uscirà una umanità migliore, se non lo sapremo fare ne uscirà una umanità che ripartirà da molto più indietro nel tempo.
Quanto indietro dipenderà solo da noi.
Non illudiamoci che finisca presto o che per magia tutto torni come prima perché non c'era un "prima", c'era solo il caso di aver vissuto un lungo periodo in cui tutto è andato bene.
Questo virus poteva apparire 1 anno fa, 10 anni fa, 50 anni fa. Era una spada di damocle che era sulla nostra testa da sempre e sempre lo sarà, perché come tutte le specie siamo vulnerabili all'evoluzione delle cose.
Gli ultimi 100 anni ci hanno dato la falsa illusione che esistesse una sorta di "normalità", di "stabilità", di "equilibrio" al quale corrispondesse il mondo come piaceva a noi e come ci andava bene.
Ma, appunto, era una falsa illusione.
Il nostro pianeta e ciò che ci sta sopra, vivente o meno che sia, è in perenne evoluzione e cambiamento come giusto che sia altrimenti l'universo non sarebbe quello che è.
E' arrivato il momento di prendere atto con pragmatismo, coraggio e quella forza e capacità che ci hanno permesso di arrivare a quello che abbiamo oggi che si è chiuso un ciclo e se ne deve riaprire un altro.
Cose che davamo per scontate al punto da credere di non dovercene più preoccupare sono scomparse da un giorno all'altro e dovranno essere ricostruite in un contesto diverso con una forma diversa.
Non sarà facile soprattutto perché, nel transitorio in cui le ricostruiremo, ci mancheranno e forte sarà l'impulso a cercare un colpevole, un capro espiatorio, qualcosa contro cui puntare il dito e potersi così alleggerire dal peso di dover convivere con qualcosa a cui non siamo stati abituati: shit happens.
Andare al lavoro sarà più rischioso, prendere un aperitivo con gli amici sarà più rischioso, andare a teatro o al cinema sarà più rischioso, fare turismo sarà più rischioso e lo saranno indipendentemente dagli accorgimenti che sapremo prendere perché questo tipo di rischio non è azzerabile.
Dobbiamo imparare una cosa nuova, per le nostre generazioni: convivere con un rischio non banale ma reale, bilanciando in ogni momento i pro e i contro e avendo il pragmatismo necessario a comprendere fino in fondo che non esiste il pasto gratis, non esistono accorgimenti e comportamenti che azzerano il rischio o lo rendono accettabile nei termini che usavamo fino a gennaio.
Tutto qui.
Se lo sapremo fare ne uscirà una umanità migliore, se non lo sapremo fare ne uscirà una umanità che ripartirà da molto più indietro nel tempo.
Quanto indietro dipenderà solo da noi.
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