Sunday, March 12, 2017
LateThink racconta: l'ekranoplano
La seconda guerra mondiale aveva messo in luce la necessità di avere navi veloci, in grado sia di portare attacchi improvvisi contro altri navigli che di supportare operazioni di sbarco garantendone l'effetto sorpresa.
Il problema era però, allora come oggi, che la velocità di una nave non può prescindere dalla resistenza dell'acqua e dalle leggi che ne legano il coefficiente di forma alla velocità stessa. A differenza di quanto avvenne con i velivoli, per le navi non bastò avere motori più potenti o disegnare forme più affusolate e plananti, occorreva inventarsi qualcosa di nuovo.
Serviva un veicolo che potesse svincolarsi dall'appoggio diretto sull'acqua pur mantenendo un payload elevato ed un raggio d'azione notevole: un veicolo che sfruttasse l'"effetto suolo" ma che non fosse né un hovercraft né un aliscafo.
Serviva un GEV, Ground Effect Vehicle o come lo chiamano i russi, che come vedremo saranno i protagonisti di questa storia, un ekranoplano.
Semplificando molto, l'"effetto suolo" di cui stiamo parlando è l'alterazione della portanza di un ala quando questa si trova molto vicina ad una superficie considerabile come solida in confronto al fluido in cui essa si muove.
In queste particolari condizioni la portanza può incrementarsi anche del 50% e l'efficienza aerodinamica superare tranquillamente del 100% quella originale permettendo all'ekranoplano di avere un carico utile molto maggiore di quello di un velivolo convenzionale. La velocità è ovviamente minore, sempre rispetto ad un velivolo, ma è comunque di un ordine di grandezza superiore a quella di una nave e ciò, unitamente al payload, è sufficiente per gli scopi prefissati.
Come ho accennato prima, i russi furono protagonisti in questo campo e iniziarono a sviluppare il concetto di ekranoplano nei primi anni '60.
E' necessaria, però, una premessa per poter giudicare questi progetti ed entrare nello spirito dell'epoca: erano anni nei quali la guerra fredda, la corsa agli armamenti e la paura di restare indietro giustificavano ogni spesa. Anni in cui la tecnologia procedeva a velocità tali da lasciare indietro la fantascienza, facendo ritenere che ogni idea, per quanto strampalata, meritasse di essere testata.
Del resto si era passati in meno di trent'anni dal Lancaster che portava 10 tonnellate di bombe nel il cuore della Germania al limite dei suoi 4000 km di autonomia al Saturno V/Apollo capace di portare un carico di 140 tonnellate in orbita bassa, poi spingere 48 tonnellate per 400.000 km fino alla luna, farvi scendere due uomini e riportarli a casa.
Tenete presente quello che ho appena scritto nel continuare la lettura: alla luce di ciò che sappiamo oggi sarà facile dire "si, figuriamoci... ma cosa pensavano di fare" ma dovete tornare in un tempo in cui l'ekranoplano sembrava essere il mezzo capace di sbarcare uomini e veicoli atterrando direttamente su una spiaggia dopo esserci arrivato a 500 km orari, passando sotto la copertura radar e allo stesso tempo sopra agli ostacoli antisbarco.
Ma torniamo ai russi.
Nel 1972 vide la luce l'aereo anfibio VVA-14, costruito dalla Beriev DB e progettato da un team guidato da Robert Bartini.
Nato per dare la caccia ai sottomarini "Polaris" americani, tecnicamente parlando il VVA-14 non era un ekranoplano in quanto l'effetto suolo veniva sfruttato praticamente solo per permettere decolli e atterraggi "non-contact".
Grazie all'effetto suolo il VVA-14 poteva operare da qualunque superficie senza subire le penalizzazioni in tema di prestazioni che erano invece tipiche dei velivoli a decollo verticale.
Il progetto ebbe vita breve in quanto la morte di Bartini nel '74 portò alla sua cancellazione.
Va comunque detto che esso non era visto di buon occhio dall'aviazione, assolutamente contraria ad occuparsi di ekranoplani e idrovolanti: "Siccome possono galleggiare" - dicevano i vertici dell'aeronautica - "lasciamoli fare alla marina".
Quest'ultima, dal canto suo, non era per niente felice di dover lasciare la ben nota e rassicurante superficie del mare per mettersi a progettare "navi volanti".
Fu così che lo sviluppo degli ekranoplani venne affidato al dipartimento che si occupava della progettazione di aliscafi, a capo del quale c'era un ingegnere di grande carisma e talento: Rotislav Alexeyev.
Alexeyev portò gli studi, la tecnologia e lo sviluppo di tali veicoli ad un livello tale da meritarsi l'interesse delle autorità e, di conseguenza, anche il massimo della segretezza. La parola stessa "ekranoplano" divenne top secret e tutti i prototipi vennero denominati semplicemente "navi veloci".
Inizialmente si trattava di modelli autopropulsi a controllo remoto ma poi si passò a prototipi veri e propri i cui test si svolgevano al riparo da occhi indiscreti al Gorky Reservoir, un lago artificiale formato sul fiume Volga da una diga idroelettrica.
Oltre allo sfruttamento dell'effetto suolo si indagarono e testarono anche soluzioni ingegneristiche in grado di permettere a questi veicoli di uscire dall'acqua e operare su superfici solide, come il ghiaccio o i terreni cedevoli come le spiagge.
Fu durante queste ricerche che vennero definite tre classi di ekranoplani: "Ekranoplan Class A" che sfruttano il solo effetto suolo, "Ekranoplan Class B" che sfruttano l'effetto suolo ma possono anche volare ad altitudini fino ai 3000 m, "Ekranoplan Class C" che, di fatto, sono veri e propri aeroplani che sfruttano l'effetto suolo solo al momento del decollo e dell'atterraggio.
In questa classificazione il Beriev VVA-14 era un classe C.
Korabl Maket - Kaspian Monster
Tutte le esperienze fatte confluirono nel "KM" (Korabl Maket), un enorme ekranoplano classe A lungo quasi 100 metri e costruito negli stabilimenti "Volga Plant" nel 1966.
Gli americani, quando grazie alle fotografie satellitari lo scoprirono, lo soprannominarono "Kaspian Monster" dalle lettere KM che si leggevano sulla fusoliera. E mostro lo era davvero dato che, ai tempi, era il veicolo volante più grande e pesante del mondo.
Con un peso "al decollo" di 544 tonnellate e spinto dai suoi 10 motori turbojet Dobrynin VD-7 (4+4 per controllo e sostentamento a prua e 2 di spinta in coda) il KM poteva spingersi a velocità superiori ai 500 km/h (in alcuni test superò i 640 km/h) ad una altezza sulla superficie tra i 4 e i 18 metri.
Il Comitato Centrale valutò molto positivamente l'ekranoplano evidenziandone, in particolare, le capacità marine e le prestazioni e quindi i collaudi proseguirono per vari anni.
Nel 1980 il KM si schiantò in seguito ad un errore del pilota e non fu possibile recuperarlo ma i test dimostrarono comunque la validità delle scelte progettuali ed ingegneristiche.
A-90 "Orlyonok"
L'Orlyonok fu un ekranoplano progettato dal team di Rotislav Alexeyev proprio per mettere in pratica la missione che avevo esposto all'inizio: sbarcare uomini e mezzi direttamente a destinazione senza dove gestire la transizione mare/terra, arrivando velocemente e passando sotto la copertura radar.
Si trattava di un ekranoplano classe B di medie dimensioni, lungo poco meno di 60 metri e con un peso massimo al decollo di 140 tonnellate.
Propulso da due turbofam Kuznetsov NK-8-4K a prua in funzione di controllo e sostentamento e da un turboprop Kuznetsov NK-12MK in coda per la spinta (si, proprio quello del Bear, con le sue caratteristiche eliche) aveva una velocità di crociera di 400 km/h e un raggio di azione di 1500 km.
Essendo un classe B poteva anche salire di quota e volare come un vero e proprio aereo sebbene limitato ad una quota massima di circa 3000 m.
La sua particolarità era di essere costruito per sbarcare velocemente i veicoli, generalmente dei BTR, e a tal scopo tutta la parte anteriore si apriva di lato, cosa non da poco visto che questa sorta di enorme portello comprendeva l'intero apparato propulsore di prua e la cabina di pilotaggio.
I vertici della marina rimasero impressionati da questo ekranoplano e dalle sue potenzialità. Garantiva velocità di dispiegamento di mezzi e uomini semplicemente non alla portata di qualsiasi naviglio convenzionale. Inoltre le normali contromisure anti sbarco, fossero essi ostacoli o campi minati, divenivano inefficaci perché vi passava sopra.
Il mezzo ideale per creare velocemente una testa di ponte anche su un litorale ben difeso. E potendo, se necessario, alzarsi di quota come un aereo.
In pratica la famosa "nave volante" che la marina aveva detto non valesse la pena di sviluppare.
Durante un volo di prova nel 1975 l'Orlyonok si arenò per un errore di manovra. Il pilota non fece una piega: diede potenza ai lift blowers, scivolò fino all'acqua, decollò e tornò tranquillo alla base. L'incidente si trasformò in una dimostrazione della resilienza del veicolo.
Solo 5 Orlyonok vennero costruiti dei preventivati 120: nel 1984 il ministro della difesa Ustinov, grande sostenitore dell'ekranoplano e fautore dell'idea di possederne una flotta, morì. Il nuovo ministro, Sokolov, chiuse il programma e dirottò i fondi verso la costruzione di sommergibili nucleari.
Project 903 "Lun"
Nonostante la cancellazione del programma Orlyonok, il vulcanico Alexeyev e il suo team svilupparono un nuovo ekranoplano, di dimensioni intermedie tra l'Orlyonok e il KM e questa volta si trattava non di un mezzo da sbarco ma di un veicolo d'attacco.
Il suo compito era di attaccare e distruggere i gruppi da battaglia della marina nemica, in particolare le portaerei e le piattaforme multiruolo come le navi d'assalto anfibie in collaborazione con altri mezzi di superficie e sottomarini.
Lungo poco più di 70 metri, con una apertura alare di 44, un peso massimo al decollo di 380 tonnellate e una velocità di oltre 500 km/h era spinto da 8 motori Kuznetsov NK-87 da 13000 kg di spinta l'uno, montati in configurazione 4+4 su due canard a prua. L'autonomia era di circa 2000 km e l'equipaggio di 10 persone.
Era armato in modo inconsueto e appariscente: portava sulla groppa 6 tubi lanciatori per missili "Moskit".
Il Moskit, SS-N-22 Sunburn per la NATO, era un missile antinave supersonico spinto da un motore ramjet capace di arrivare a mach 3 e colpire entro un raggio di 250 km. Introdotto nei primi anni '80 sui più recenti cacciatorpediniere di allora era un'arma notevole e l'idea di averne 6 su una piattaforma che potesse viaggiare a 500 km/h rendeva il "Lun" un astro nascente della marina.
Oltre all'armamento possente, il Lun possedeva una velocità nettamente superiore non solo alle navi ma anche agli hovercraft e agli aliscafi, una bassa osservabilità radar, un minor consumo e maggiore payload rispetto ad un aeroplano e, soprattutto, non era secondo a nessuno in tema di survivability.
Anche questo progetto però finì per essere cancellato, questa volta a causa del collasso dell'Unione Sovietica.
Ma il "Lun" non era morto: nell'aprile del 1989 il sommergibile nucleare "Komsomolets" ebbe un tragico incidente nel mare di Norvegia. L'equipaggio non ebbe scampo nonostante avesse lottato per sopravvivere oltre 6 ore.
I soccorsi arrivarono troppo tardi e questo dimostrò le profonde carenze della marina in caso si dovesse portare assistenza a vascelli molto distanti dalle basi navali.
Le navi da soccorso erano troppo lente e l'aviazione non aveva la possibilità di portare in loco le attrezzature necessarie.
Un anno dopo questa tragedia l'ekranoplano "Lun" partecipò ad una esercitazione di salvataggio organizzata nel Mar Caspio.
Furono compiute missioni di assistenza sia con bel tempo e mare calmo che con condizioni di tempesta e la conclusione fu univoca: se la flotta del Baltico fosse stata dotata di un ekranoplano simile al "Lun" i soccorsi al "Komsomolets" avrebbero potuto raggiungerlo in un paio d'ore dall'inizio dei problemi.
Era evidente che l'ekranoplano era un mezzo formidabile per missioni di soccorso in mare e questo portò allo sviluppo di un progetto civile basato sul "Lun" a cui venne dato un nome che era tutto un programma: "Lifesaver".
Purtroppo però, di nuovo, il progetto venne congelato per mancanza di fondi.
Il team di Alexeyev comunque non venne smantellato e continuò per più di 20 anni a progettare ekranoplani, virtualmente senza fondi a disposizione.
Nel 2012 il Ministero della Difesa riprese in considerazione il concetto di ekranoplano e dopo una profonda analisi concluse che il veicolo era ancora promettente.
Vedremo se i nipoti del "Lun" avranno un futuro negli scenari attuali, magari come droni e organizzati in sciami a guida autonoma.
Una curiosità per gli amanti della fotografia e i contabulloni: non perdetevi assolutamente una visita virtuale al "Lun" così come è adesso attraverso le splendide e dettagliatissime fotografie di Igor113.
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