Il Granduca Enrico è sveglio da un po'.
Ancora in pigiama, osserva dalla sua finestra il pigro volo delle cornacchie e il lento pascolo di un gregge di pecore.
Porca troia, che palle di posto. Se non fosse che tutti vogliono avere la sede qui da noi per questioni fiscali la gente manco saprebbe dove stiamo. Mi sembra di governare il Molise.Mentre si gratta il culo con regale eleganza lo sgurdo si perde pigramente nella nebbia umida.
E' solo un attimo e un lampo brilla nei suoi occhi.
Ma adesso basta, si vive una volta sola.E fa partire uno scaracchio che finisce con aristocratica precisione nella sputacchiera d'argento posata a terra.
Quella stessa mattina, nella sala grande colma di giornalisti, tutti si chiedono perché siano stati convocati d'urgenza. L'ipotesi più gettonata è che il Granduca voglia abdicare.
"Signori, il Granduca Enrico di Lussemburgo"La sala piomba in un rispettoso silenzio. Il Granduca entra con quell'aria severa e decisa che è propria dei regnanti quando si accingono ad annunci che faranno la storia.
"Oggi sarà un giorno memorabile per il Lussemburgo ma anche per il mondo intero."La voce è pacata ma regale. Stupore misto a curiosità pervade la sala mentre i presenti si scambiano occhiate interrogative.
"Oggi il nostro regno tornerà ad essere tale."In alcuni degli astanti la curiosità inizia a lasciare il posto ad un sentimento di sospetto, quasi un presentimento. Qualcuno si volta come a cercare di capire da dove sia entrato il refolo gelido che, improvvisamente, si sente spirare.
"Un regno libero e senza più vincoli."Un brivido corre lungo la schiena di alcuni dei presenti come se uno stormo di cornacchie fosse entrato dalla finestra e si fossero posate sulle loro spalle.
"Il Lussemburgo, da questo momento, non farà più parte della Comunità Europea."